Un Vinitaly dal volto umano

da | Apr 12, 2011

Quest’anno il Vinitaly papillo, fissato per sabato 9 aprile, non era cominciato nel migliore dei modi. La decimazione della spedizione – ridotta a due papilli: il sottoscritto e Alessandro – aveva comportato una partenza senza la consueta scorta di focaccia di Priano, sostituita con un’altra appena decente scovata nel tragitto casa-stazione. E nonostante tutti gli studi meteorologici della vigilia su come vestirsi in maniera adeguata, appena sbarcati in quel di Verona ci è apparso chiaro che giacca e camicia stirata sarebbero subito finite in guardaroba: “dal caldo sembra fine maggio”, dice Ale incamminandosi verso la Fiera. “Metà giugno”, ci correggiamo a metà tragitto. “Luglio, sembra luglio”, conveniamo rifugiandoci stremati nell’aria condizionata dell’area stampa.

Il programma 2011 era “semplice”: fare il giro delle cantine cinguettanti, ovvero tutti i nostri amici di twitter che erano lì con i loro vini. Per la prima volta ho voluto fare il giornalista 2.0 full proof, e sono partito senza neanche una penna, confidando nella potenza androide del telefonino (per l’anno prossimo: potenza androide sì, ma una penna fa sempre comodo). Facciamo un ciao veloce a @SarahScaparone e poi via!

Come prima tappa subito la cima Coppi, il secondo piano del Palafiera, dove milioni di assetati si erano dati appuntamento intorno alle bollicine della Franciacorta. Facendoci largo a colpi di machete e puzzette arriviamo da il Mosnel, dove @UcciB ci ha fatto tuffare nelle prime emozioni della giornata.
Emozioni umane, perché fa strano incontrare persone mai viste prima d’ora con cui invece magari parli digitalmente tutti i giorni, e scoprire che tolto il primo imbarazzo del “ah, tu sei… tu“, “ehi, ma voi siete… voi“, ci si ritrova a chiacchierare amabilmente (te ne accorgi quando magari chi hai di fronte ti dice “un bicchiere me lo verso anch’io” e tu sai che se lo facesse con tutti arriverebbe a mezzogiorno in coma etilico). Ma sono anche emozioni enologiche, perché un conto è degustare un nettare, un altro degustare un nettare che ha una storia che ti viene raccontata, che ha un volto da dare alle fatiche e alle gioie del fare vino.

Seconda tappa in Veneto, sempre bollicine ma prosecco: da Malibràn, dove la padrona di casa è @Michelapi. Ma noi incocciamo prima in Maurizio, Michela non c’è: “sarà a far due ciàcole” ci dice con perfetta cadenza veneta. Quindi siamo abbastanza impreparati al fatto che Michela quando arriva ci travolga con un effervescente e toscanissimo slang (il prosecco è “millesimatho“): altro tavolino, altre chiacchiere, altri vini. Altri vini che nessuno dei papilli sputa o svuota in anticipo, perché appunto stiamo sì degustando, ma stiamo anche conoscendo persone e lo stiamo facendo con un bicchiere in mano: bere è la cosa più naturale del mondo.
Da Michela guadagnamo anche i dolcini che @Senza_panna ha preparato per i bevitori tuìtteri: ciambelline col Colfòndo, e i michelini di Michela (ottimi! Col millesimatho è la morte sua).

E ora tocca appunto a Mr. Colfòndo, alias Luca di Bele Casel (pronunciasi casél) che avevevamo già conosciuto a #grignolino1. Qui raggiungiamo il trionfo del www – world wine web: oltre a noi arriva @RiccardoPastore (“piacere, da oggi ci followiamo”), e guarda un po’, c’è Antonio Tomacelli di Intravino (ragazzi, voi non avete idea di quanto sia bravo live. Io ci sono rimasto). Chiediamo il bis di Colfòndo, e il papà di Luca – che in sua assenza abbiamo tempestato di domande cattivissime sul figlio – ci allunga un piattino con OH DELIZIA! una decina di fettazze di soppressa sopressa, accompagnate da un pane tenerissimo e gustoso. Nirvana.

Tappa successiva in Sardegna, dove Ale cerca di convincere @Liseddi, il patròn dell’omonima cantina, che di loro avrebbe assaggiato non so quale antani di vino. Che però guarda un po’ non hanno mai prodotto. Poiché Ale insiste – l’alcol comincia a farsi sentire – e vedo segni di nervosismo dall’altra parte del banco (mai fare incazzare un sardo), riesco a farmi versare un bicchiere di vermentino prima che la situazione degeneri. Delizia! Ora però scappiamo prima che Alessandro ricominci.

È il momento di @CascinaCarpini (www.cascinacarpini.it). E siamo sopraffatti dall’entusiasmo di Paolo Carlo e dai suoi vini sinceri al naso e al palato (l’occhio invece si distrae spesso per la miniminigonna della vicina di stand). Lui ci vorrebbe fare assaggiare un po’ mezzo Piemonte, ma per ora manteniamo ancora un minimo di professionalità e decliniamo l’invito ai rossi: prima dobbiamo finire il giro dei bianchi. Torneremo. E se non dopo (cazzarola, sono già le quattro), vorrà dire che faremo un passo in azienda.

Tocca a @Armin_Kobler, lassù in Alto Adige (www.kobler-margreid.com). Armin è stanco ma sorridente, noi stanchi e sudaticci. Con garbo tutto altoatesino riesce a coniugare cortesia e precisione, si dilunga nelle spiegazioni ma senza perdersi in aggettivazioni inutili. Asciutto, quasi matematico, eppure paziente: lui che è una star e che potrebbe liquidarci con un’occhiataccia (d’altronde cominciamo a essere palesemente affaticati). Eppoi usa il web in maniera intelligente: ha le webcam in cantina, medita di mettere le coordinate gps delle vigne sulle etichette, per vederle su Google Map. Ci dà una cartina della regione con le cantine altoatesine, e a noi viene da pensare che se tutta l’Italia fosse come il Sud Tirolo – però con la focaccia – si vivrebbe meglio.

Ci guardiamo in faccia. A parte che sono le cinque e il treno incombe (lo prenderemo al volo, sbuffando come mufloni dalla fiera alla stazione), capiamo che ci resta ancora l’autonomia giusto per un bicchiere. Il tempo è volato. Abbiamo assaggiato relativamente pochi vini, ma che vini, e ce la siamo presa veramente al rilasso, col giusto ritmo per apprezzare ogni singola goccia che abbiamo bevuto e ogni singola persona che abbiamo incontrato.
Un rapido saltino in Toscana a conoscere @Alice_Bresolin e poi ci dedichiamo al gioco della torre per appaltare l’ultima degustazione.
I candidati sono @CanteleWines, di cui vorremmo assaggiare il Salice che ci spetta per #canteleincucina@ViniBalbiano che era il nostro “compagno di banco” a #grignolino1, e @GianlucaMorino anche lui a Portacomaro ma col quale non siamo riusciti a scambiare parola (eppoi se Ale non beve almeno una barbera mi sta male).
Com’è come non è, la scelta è caduta su Cantele. Luca Balbiano ci perdonerà, ci siamo detti, eppoi ha appena twittato che è andato via (così gli raccontiamo che è colpa sua). E vorrà dire che a Gianluca Morino prometteremo di andarlo a trovare in cantina.

Eccoci allora in Salento. Dove arriviamo come se avessimo veramente camminato fino in Puglia. Ci rassettiamo alla bell’e meglio per non fare brutte figure con @PaoloCantele (ma io l’ho già visto. Paolo, hai bazzicato a Genova o l’effetto del vino?): sorrisi, strette di mano e presentazioni di avatar in carne e ossa. Chiediamo il solo Salice, e ho l’impressione che ci sia rimasto un po’ male. Ma non è scortesia, è sopravvivenza, eppoi Paolo fa undici (11!) vini: moriremmo prima di arrivare a metà.
E sorpresa, arriva anche l’iPadmunita @PamelaGuerra! Finalmente conosciamo anche lei!

Sono ormai quasi le sei, siamo a metà del programma che ci eravamo dati, ma è tempo di incamminarci un po’ cotti verso casa.
Dopo tutte quste parole spese per raccontarvi il nostro Vinitaly tuìttero, anzi, il nostro #vinitaly, ce ne resta ormai da dire solo una – ma breve:

Grazie.

Autore

Giulio Nepi

44 anni, doppio papà, si occupa da aaaaanni di comunicazione web. Genovese all’anagrafe ma in realtà di solide origini senesi, ha sposato una fiamminga francese creando così un incasinato cortocircuito di tradizioni enogastronomiche

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