Verde Irlanda, non solo Guinness

da | Mag 21, 2010

Prati, prati, qualche leprechaun, e ancora prati. Se una pecora, o una vacca, pensa al paradiso sta probabilmente immaginandosi l’Irlanda. Io invece, appartenendo più miseramente al genere umano, ho sempre identificato l’isola di San Patrick con le sue birre. E difatti, appena sbarcato dalla navetta aeroporto-Dublino, mi sono immerso in un nirvana a bassa gradazione alcolica e dalla lieve bollicina carboazotata. E ciao.
C’è voluto del tempo prima che le sinapsi di riserva, quelle che si tengono da parte in caso di emergenza, cominciassero a mandare stimoli elettrici interessanti: “ehi, qui è tutto prati, sveglia, prati=mucche=formaggio“.

Ma come, io, rappresentante della terra del Parmigiano, sposato anche gastronomicamente con una rappresentante della terra del Camembert, mi devo abbassare a dei formaggi irlandesi? Che poi qualcuno ha mai sentito parlare di formaggi irlandesi? Nessuno, è un po’ come la pizza tedesca.

La pizza tedesca, in questo caso, si trova a Dublino all’11 di South Anne Street, sotto l’insegna di Sheridans Cheesemongers.
Un piccolo antro climatizzato, nascosto fra un vecchio pub (sospiro) e un negozio di vestiti, con i formaggi che realizzano il proprio karma riposando paciosi su ciuffi di paglia, ognuno con un bel cartellino con nome, origine, materia e prezzo.
A destra l’occhio cade su un Provolone, a sinistra su un grosso Cheddar inglese e là in fondo riconosco un Comté. Lo sapevo. I formaggi irlandesi non esistono.

E invece, se ci si concentra su quelle forme piccoline, eccoli. Qualche nome da dio celtico (Adrahan), qualcun altro sembra un whisky (Knockanore). La fatina sovrappeso che abita qui dentro, bardata come se andasse al polo perché  siamo dentro ad un frigo e si congela, si illumina appena specifico che non voglio quelle merde francesi, ma del rude formaggio irish. Mi trascina in un giro di degustazioni da fare impallidire i due osti siciliani della torta-di-riso-finita.

Ed ecco i prati della verde Irlanda a cosa servono. A far felici vacche, pecore e capre: a produrre formaggio. E quindi a far felice me.
Certo, il panorama non è immenso, e non ci sono realizzazioni artistiche come una burrata o una boulette d’Avesnes. Le famiglie sono sostanzialmente tre: i formaggioni nordici stile gouda o cheddar (come il Coolea o il Mount Callan), i camembertosi con crosta fiorita e/o spazzolata (l’Adrahan, il Durrus, il Milleens) e i pecorini (il Killeen). Il caglio di origine vegetale è usatissimo. Sapori mai violenti, epperò schietti.

Ma le sorprese non finiscono qui.
Mi intrufolo nello stanzino laterale e mi appare, illuminato di luce propria, lui, un muro di erborinati. Mi pare anche di aver sentito un suonare un’arpa e un glorioso amen di un coro gregoriano.
La fatina mi segue e mi porge una dopo l’altra schegge di delizie incomparabili.
Non solo i formaggi irlandesi esistono, ma per la miseria, i blue cheese sono inarrivabili!
Spazzato via ogni miglior Roquefort che ricordi, spazzato via lo Stilton, spazzato via tutto. Il Bellingham Blue ascende nel mio personale empireo degli erborinati, in compagnia del Gorgonzola vero e del Blu del Moncenisio: da latte vaccino, dolce e piccante al tempo stesso, con una consistenza granulosa ed una persistenza eterna.

Mi faccio impacchettare mezzo negozio, sperando che al check-in non me lo considerino C4 e non mi sequestrino tutto. E mi infilo nel pub accanto, perché va bene i prati e tutto il resto, ma la birra ha sempre il suo perché.

Qui da Sheridans, va detto, la qualità è davvero ottima. Non solo non trovate invenzioni markettare come il Cheddar alla Guinness, ma, tanto per capirci, come salumi italiani importano il Falorni di Greve in Chianti (e chi sa, sa) e fra i pochi curatissimi vini annoverano il nostro preferito di Vinitaly 2010, cioè Vignai da Duline.
Tutto questo si paghicchia alla cassa, dove i formaggi veleggiano intorno ai 20 Eu / Kg. Ad ogni modo, un indirizzo validissimo, con succursali a Galway, Carnaross e Waterford: se fate un salto in Irlanda, fateci un passo. Non ve ne pentirete.

Autore

Giulio Nepi

44 anni, doppio papà, si occupa da aaaaanni di comunicazione web. Genovese all’anagrafe ma in realtà di solide origini senesi, ha sposato una fiamminga francese creando così un incasinato cortocircuito di tradizioni enogastronomiche

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