Dalla Cina con languore. Sua maestà l’aglio

da | Gen 29, 2015

È l’ora di punta nella città più popolosa del mondo: Shanghai. Sono le sei di sera. Nell’efficientissima metrò è indicato dove ti devi mettere in coda. Siamo primi. Dietro di noi si mettono una, due, tre, cinque, dieci persone. Arrivano fino al muro in fondo. Dopo poco un tizio si piazza di fianco a me. È la seconda fila: dietro di lui una, due, tre, cinque dieci persone. Fino al muro. Passano trenta secondi. Arriva il primo della terza fila. Dietro di lui altri dieci. In un minuto la fila è trina. Così per una ventina di porte del treno che sta arrivando. E dalle scale mobili continuano a scendere. Quando arriva il vagone la tensione sale: riusciranno le persone che stanno dentro a uscire prima che vengano travolte? Riusciremo, noi che siamo arrivati per primi, a entrare nel vagone prima di essere investiti da tutti quelli che ci stanno di fianco e dietro? Pieghi leggermente le gambe, allarghi i gomiti, respiri forte e, via! Inizia una specie di pogo in due sensi, struscio violento. L’importante è raggiungere la meta. Sei hai una valigia o una borsa è un’arma a doppio taglio: potrebbe rimanere incastrata nelle gambe che mulinellano caoticamente, oppure potrebbe essere una clava che sbatacchi sugli stinchi altrui finché non ti apri un varco. La guida lo dice: il concetto di coda in Cina non è ancora arrivato.

Quando sei finalmente dentro, lo spazio vitale è un concetto altrettanto remoto. Ma sovvengono altre suggestioni, sempre intense.
“Lo senti anche tu?”
“Eh”
“Mamma mia quanto aglio mangiano?”
“Non lo so, tanto”
“Oh, io ci sto dentro, solo ci fossero due centimetri in più tra me e la sua faccia”.

Nel grande auto-marchettone che è il Centro per la pianificazione urbanistica di Shanghai – un enorme (chettelodicoaffare) palazzo in cui vengono raccontate tutte le virtù della metropoli: quanto stiamo facendo per le emissioni, per il risparmio di energia, quanto diventeremo ancora più grandi nei prossimi anni – c’è un cartello che colpisce più di altri. Si dice che l’area pro-capite della città è passato negli ultimi 30 anni da 6mq a 16. D’improvviso capisco che oltre al concetto di coda, anche quello di spazio tutto da capire. In un attimo, il bilocale dove vivo a Genova mi sembra una reggia.

La sera, di fronte al grande libro illustrato del cibo, che è il menù tipico nei ristoranti che frequentiamo: 60 pagine di piatti con foto e – se si è fortunati – la descrizione in inglese. “Guarda un po’ c’è un piatto di bocconcini di maiale, con delle nocette bianche, forse prendo quello”.

Nell’immagine un piatto con un certo numero di bocconcini, e lo stesso numero di spicchi d’aglio. Non lo prendo, stasera – dopo la zuppa di squalo – azzardo un piatto di frattaglie. Sono buonissime, gustose, leggere. Ecco, solo c’è una specie di neve d’aglio tritato sparsa su tutto il piatto, contornata da sontuosi spicchi. D’aglio.

Al ritorno in metro, ovviamente, mi sono bullato con i vicini della mia cena.

museo

Nella foto in alto: il piatto di aglio con un’idea di frattaglie (le neve sparsa a motti e gli spicchi biancastri sono sempre e solo aglio)

Nella foto in basso: un idilliaco plastico del Centro per la pianificazione urbanistica di Shanghai 

Autore

Daniele Miggino

Lavora sul web sotto diverse spoglie da svariati anni. Mezzo piemontese e mezzo lucano, è nato a Genova. Nella sua stirpe si trovano contadini e zii d’America, osti e viaggiatori. Sarà per questo che è uscito fuori così.

Leggi gli articoli correlati

Articoli correlati