Dal Cecchini: Fiorentina e Dante

da | Feb 17, 2015

Esistono posti in cui si deve essere passati se si vuol far parte dell’enomondo. Non si potrà mai fare scena muta davanti al coinvolgimento in discussioni che trattano argomenti a visite importanti in cantine blasonate. Vuoi non essere mai stato da Ornellaia? Mai fatto una foto davanti ad una vigna di Romanée-Conti? Una bella immagine personale con una Magnum di Dom Perignon bevuta a canna?

Una volta all’anno vado in pellegrinaggio a Panzano, dal Cecchini a respirare quell’aria di Toscano furbo che con spavalderia e furbizia riesce a far parlare di sé proponendo prodotti di qualità ma vestiti con taglio cinematografico, quasi circense. Ci si potrebbe soffermare sulla qualità della sua carne, sulle scelte commerciali dei tre ristoranti con diversa proposta a seconda del periodo dell’anno e/o del giorno della settimana. Il nome “Burro del Chianti” e “Sushi del Chianti” usati per ingentilire quello che potrebbe essere chiamato carne trita o Lardo. Altro cenno alla solita antitesi italiana con un altro grande del comune di Greve: quel Falorni, concorrenza in casa, con una deriva vinosa importantissima. Ma ne parleremo in un altro post.

Torniamo al Cecchini, al Dario Cecchini. Su di lui sono stati scritti libri, trasmissioni televisive, annovera tra i suoi clienti tutti i grandi personaggi del pianeta food e del non food. Ma la cosa che più mi aveva colpito era stato il suo lato umano, vero, meno “apparentemente vincente”, quando qualche anno fa dopo una collaborazione con una importante rivista di settore, scrisse il suo ultimo articolo scusandosi e dicendo di “tornare a fare il suo mestiere”: il Macellaio. Lo avevano coinvolto a scrivere una rubrica con argomentazioni sulla “ciccia”, ma dopo qualche mese una brutta vicenda mediatica lo aveva messo in cattiva luce; lui ha salutato da gran signore e si è ritirato: “Non scrivo più”, affermò. Niente di eclatante per carità, però questo suo atteggiamento non italiano (alla poltrona e alla posizione non rinuncia mai nessuno) mi aveva molto colpito.

Aggiungiamo: se è vero che dietro ad un grande uomo esiste sempre una grande donna, io aggiungo che dietro ad un grande personaggio devono esserci sempre dei grandi collaboratori. Tutti vanno nei grandi ristoranti speranzosi di essere salutati dai grandi chef, è un fatto di popolarità, non lo contesterei nemmeno. Figurarsi andare a Panzano e non trovare il Cecchini, e invece… il buon Dario si è scelto come braccio destro proprio l’insostituibile Dante, nome piuttosto toscano, che si potrebbe definire un maestro di cerimonia, addirittura più circense del padrone di casa! Educato, coinvolgente, clamorosamente alla mano e stupendamente signorile.

Ti accoglie, ti accomoda, ti avvolge, ti stuzzica e ti propone una quantità di cibo che mai ti saresti aspettato. Sempre fiero scudiero, si esalta quando presenta la Fiorentina ai commensali con un monologo cantato degno di un cantastorie medievale. Ti serve il cordiale con una inverosimile mise en place. Come un clown che si rispetti ha negli occhi quella malinconia velata ed intensa che può avere solo chi ha scelto di farti ridere, farti stare bene. Quasi a volerti trasmettere una sensazione che Dante conosce bene ma che forse non riesce a provare con intensità a causa delle ferite che la vita gli ha riservato.
Grazie Cecchini, grazie di esistere e grazie di averci fatto conoscere il Dante che piace a noi, grande per la Divina Commedia, ma vuoi metterla al confronto con la Fiorentina servita cantando?

Autore

Stefano Albenga

Stefano Albenga è il mastro vinaio di riferimento per PapilleClandestine. Si narra che abbia un caveau con centinaia e centinaia di bottiglie di Romanée Conti, Bartolo Mascarello e Rinaldi sperso nel Monferrato. Quel che è certo, è che è fatto d'acciaio e nebbiolo.

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