Il potere del Miele

da | Mar 23, 2016

Faccio outing. Io il miele lo metto dappertutto. Caramello l’incaramellabile, non compro zucchero da almeno un anno, lo uso anche nel caffè. Curo il raffreddore, calmo i capricci, insomma… mi ritengo un’ottima operaia del grande alveare gastronomico alternativo.

Così, mentre mi scappa una ricettina con il miele (invernale, lo ammetto) mi scappa anche un’uscita in uno storico locale genovese. Uno di quei posti che ti hanno svezzato nel corpo e nella mente, un must have di anni e anni di venerdì sera, il Panta Rei.
Conosco Gennaro, il proprietario, ormai da tantissimi anni e so del suo “nuovo” prima hobby (anche se perde grandezza nella definizione) e attuale ridimensionamento-indirizzo di business, l’apicultura. Infatti, presa l’occasione di un terreno di famiglia, si informa sulla ripopolazione e rinfoltimento degli alberi presenti. E lì, nel racconto, cominciano a comparire le api.

Ovviamente, dall’alto della mia ignoranza, mi e poi gli chiedo cosa possano c’entrare le api con il rinfoltimento della vegetazione e mi spiega, quasi con ovvio sgomento, che le api impollinano, ricreano e, insomma, sono quel famoso because “api e fiori” per cui ci si imbarazza al fanciullesco why del “come nascono i bambini”. In pochissime parole, il miele e le deliziose api che lo producono sono essenziali per l’ecosistema.
Chiedo, poi, dopo i primi approcci come si faccia a spostare e trasportare un alveare, avendo scoperto che molti apicultori professionali spostano le laboriose a seconda della fioritura di determinati alberi (leggasi, acacia, castagno, etc etc). Semplice: le tanto prolifiche quanto instancabili api di sera rincasano, solerti e diligenti, così spostarle, in realtà, è molto semplice e tutt’altro che romantico.

Le api non si affezionano al proprio umano, no. Le api, quando capita, lo pungono il “loro” umano, lo inseguono anche in macchina e non mollano, loro, l’umano. Dopo il sorrisetto che segue il “ma sai quante volte?” che segue la mia domanda “ti hanno mai punto?”, arriva il tanto sperato e tanto pieno di aspettative momento in cui Gennaro, da storico e decorato bartender, diventa honey-bartender.
Insomma, tutto gira attorno al miele: dal produttore al fruitore, senza precludersi una bevuta alternativa. In poche e semplici parole, ci sguazzo come un pesciolino a righe nel dolcissimo oceano: Gennaro, pazzo, visionario e geniale, utilizza il miele nei cocktail. Nessuna eccessiva modifica della ricetta originale bensì una rivisitazione cui il gusto e la presentazione non hanno davvero nulla a che invidiare ai normali pestati. Infatti, si tratta ben di questo: sostituire il pestato con il miele. Semplice, come scoprire l’acqua calda. Mi tuffo in un ultimamente quanto mai sovraesposto Moscow Mule, certa della capacità del preparatore ma incerta del risultato finale. Non voglio togliervi la sorpresa che farà esultare le vostre papille al limite di sentirsi in un rave di bontà, ma il miele in abbinamento ai cocktail è una figata. Ecco il risultato finale: una favolosa, semplice, buonissima figata. Consigliabile e consigliato a tutti.

 

Ricetta: Arista di maiale caramellata allo zenzero

Prendete 4 fette di arista di maiale da dorare in padella, quindi infarinate e scottate fino a vederne la crosticina. Levare dal fuoco e far sciogliere 3 cucchiai di miele in padella, con un pochino di acqua (qb, regolate con l’occhio) e mezza radice di zenzero fresco tagliata a pezzetti.

Assaggiare per capire il grado di piccantezza desiderata, dopodiché eliminare i pezzetti di radice, accendere il fuoco sotto all’arista e unire il tutto.
Per i più golosi e invernali, aggiungere in cottura (della carne, nda) qualche prugna denocciolata. Non servire da aprile e ottobre.

Autore

Hira Grossi

Nasce e resta femmina, mamma e giornalista. Da anni si dedica assiduamente alla tradizione enogastronomica del gozzovigliamento hardcore, raggiungendo vette e risultati altissimi. Molti amici chef e sommelier cercano, invano, di insegnarle trucchi del mestiere

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