Sui prati, ma come?

da | Apr 22, 2014

Il periodo dei prati, è questo. Delle scampagnate fuori porta, dei pic nic e dei barbecue in campagna. Diciamoci la verità, la Pasquetta è l’inizio della primavera, il 25 aprile il suo apogeo, il 1° maggio, festa di tutti i lavoratori (ma anche dei disoccupati, degli studenti, dei neonati e dei pensionati) il suo tramonto. Perché poi, è subito estate. Anche noi, come tutti, in questi giorni di festa saremo nel verde (e al verde, ma questa è un’altra storia), per la consueta gita fuori porta. E al momento del pranzo? Sul desinare il popolo si divide. 

1. Pranzo al sacco

Un (o due, o tre, o quattro, dipende dalla circonferenza addominale) panino imbottito (per me, il rustico con mortadella e seirass è il numero uno), la bottiglia di vino sfuso del contadino, un bibita con le bolle e un pacchetto di Ringo (sempre in fondo al sacco, un poco accartocciato, l’importante che siano quelli con la crema al cioccolato).

2. Ognuno porta qualcosa e poi si divide

“Ognuno porta qualcosa e poi si divide”: ecco la frase che scatena il disastro. Lo scenario A comporta che io porto l’insalata di riso, tu porti l’insalata di riso, Tizio porta l’insalata di riso, Caio porta l’insalata di riso, Sempronio porta un cacciatorino che non basta nemmeno per un panino. Dunque, insalata di riso per tutti. Lo scenario B, invece, è che tutti portano poco poco poco, tranne te, che hai architettato la tua scorribanda sui prati come la campagna di Russia, con cibo congruo a sfamare tutti gli Alpini.

3. Il Barbecue

“Non è scampagnata senza grigliata!” Per alcuni il motto è questo. Impossibile privarsi dei piaceri della carne (mica scemi, eh!). Tra costolette, bistecche con l’osso, salsicce e capocollo, si passa la giornata: a cercare la legna, accendere il fuoco, cuocere a puntino e sbranare. Bono!

4. Il ristorante a due passi dai prati

Sì, vabbè, si va sui prati, ma il posto lo scelgo io!” Ecco allora che si finisce per campeggiare nel prato antistante ad un sorridente agriturismo. Con studiato trasbordo, allo scoccare delle 12.30, dalle stuoie alle sedie. La pennica, dopo, è ancora più profonda…

5. Fave e salame

È il classico: sui prati con le fave nostrane, il salame di Sant’Olcese e il sardo fresco. Si dice fave, e poi tutti si buttano solo sul salame e il sardo. Tranne uno, che va matto per le fave, e ne finisce la scorta, a colpi di bicellate, roteando ininterrottamente le mandibole dalle 12.30 alle 18, ora del triplice fischio finale.

P.S: Per tutte le categorie citate. Un consiglio: a quello che dice “meglio muoversi prima, così si evita la coda…” non date retta. Tanto finirete imbottigliati al rientro nella grande città. E il rimpianto della campagna sarà già forte ancor prima di rientrare a casa…

Autore

Alessandro Ricci

Sotto i 40 (anni), sopra i 90 (kg), 3 figlie da scarrozzare. Si occupa di enogastronomia su carta e web. Genoano all’anagrafe, nel sangue scorrono 7/10 di Liguria, 2/10 di Piemonte e 1/10 di Toscana. Ha nella barbera il suo vino prediletto e come ultima bevuta della vita un Hemingway da Bolla.

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