Questa discussione è nata in pausa pranzo. Come spesso succede si parte dal “ieri sera ho mangiato delle acciughe che mi hanno fatto male” e si finisce magari con “vi ricordate che goduria mangiare il Nesquik a cucchiaiate? (risata)”, in un percorso senza inizio e senza fine, che va attraversando vissuti variegati, vere e proprie questioni socio-antropologiche.
Per esempio.
Un punto è questo: ci sono cose che si fanno solo in Autogrill. Non parlo di numeri di telefono scritti nei cessi, ma di mangiare, o di particolari impulsi gastronomici geolocalizzati. C’è gente (come il sottoscritto) che ricorda con nostalgia il Panchito, una meteora del menu autostradale a base di peperoni rossi, salame piccante e spezie. Semi immangiabile ma assolutamente ben studiato. Se tornavi tardi e affamato era l’unica cosa che ti dava sollievo, forse solo per la sua prepotenza.
Chi dice: io quando entro in Autogrill compro in automatico i Mikado, e dall’altra: uh, io i Grisbì, che tra altro costano il triplo che al supermercato, ma li compro solo lì.
In effetti, se questo fenomeno non esistesse non si capirebbe perché l’autogrill è l’unico posto al mondo dove trovi le caramelle a ciucciotto o quella specie di melone pucciato nella sabbia che dicono contenga un salume.
Il viaggio, e la locanda in cui si sosta, scatenano senza dubbio voglie particolari, ignote nella routine della vita quotidiana. A pensarci bene, è come se la fatica del viandante meritasse di per sé una ricompensa. Così quando si entra nel luogo di ristoro ci si sente come con un buono in tasca, da spendere come peggio si crede, che tanto è (quasi) tutto permesso.
Si finisce così a uscire con un ciuccio di zucchero in bocca.
