È una questione di qualità, una formalità: Eataly NY e dintorni

da | Ott 25, 2012

Prendo spunto da un post dell’amatissimo Dario Bressanini sulle impressioni, e relative polemiche, che ha registrato dopo una visita agli store di Grom e Eataly a New York. Il tema che appassiona i gastrocritici è più o meno questo: fino a che punto l’iniziativa commercial-industriale può flirtare con il marketing, con il concetto di “buono e giusto”, di “prodotto di qualità”. Dove sta il discrimine tra “buono, giusto, e a largo consumo” e “largo consumo e basta”?
Se ho capito un po ‘ quello che scrive, a Bressanini interessa la sostanza, i prodotti, la materia. Della comunicazione spesso diffida, dalla forma aziendale cerca di non farsi influenzare. E tuttavia qualche domanda se l’è fatta.

Con la consueta garbata curiosità Dario analizza i prodotti venduti da Eataly NY – e si stupisce di vedere, tra gli altri, prodotti che in Italia si trovano tranquillamente al discount: i biscotti della famiglia dove sono tutti biondi, il prosciutto che sente l’odore del mare in mezzo alla pianura padana, il budino pronto in cinque secondi etc etc. “Il bello, buono e giusto per tutti” è il messaggio che ha lanciato Eataly. Ma perché il bello qui è la pasta di Gragnano e negli USA sono i biscotti del Mulino?

“Non sono certo io quello che critica i prodotti industriali per partito preso. Preferisco distinguere tra prodotti buoni e meno buoni che tra “industriali” e “artigianali”. In fondo a volte succede lo stesso fenomeno anche in Italia nei confronti di prodotti gastronomici stranieri”.

Avendo vissuto in un paese dove non trovavo formaggio grana, per non dire salumi, posso capire bene il livello di qualità che può assumere un barattolo di pelati nel deserto. Altissssimo. Anche per un italiano. Questo la vecchia volpe Oscar lo sa, non a caso ci acchiappa spesso.

All’epoca dell’inaugurazione di Eataly a Genova, Farinetti – con tutti i figli a spazzare per terra come nella più tradizionale impresa famigliare – ci aveva condotto in un tour guidato del nuovo store. Tra le frasi che ricordo di più c’è questa: “L’analisi è importantissima quando ti imbarchi in un’impresa del genere, è la fase forse più importante. Nel caso di Eataly  è durata anni”. Anni di analisi di mercato, di scelta dei prodotti, sondaggi delle tendenze etc etc.

Il risultato è che da quando è a Genova, un passo da Eataly ce lo si fa abbastanza di frequente. Fosse per il piatto al volo, fosse per la fantastica vista Porto Antico, fosse per la bottiglia discreta al prezzo giusto, o per la svizzera che sa di carne al prezzo di una da discount. Ci passo io, ci passa mia madre, e pure mio fratello.  E se fosse a New York forse comprerei persino i biscotti.

Nutro un misto di ammirazione e timore per questa capacità di dare a ognuno il suo, a ognuno una cosa diversa, facendogli credere (e a volte è veramente è così) che sia fichissimo. Ovviamente poi, come fa Dario Bressanini, bisogna testare, provare, sporcarsi le mani e il palato per dare un giudizio. Ma questa è un’altra storia.

 

Autore

Daniele Miggino

Lavora sul web sotto diverse spoglie da svariati anni. Mezzo piemontese e mezzo lucano, è nato a Genova. Nella sua stirpe si trovano contadini e zii d’America, osti e viaggiatori. Sarà per questo che è uscito fuori così.

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