Stento ancora a capire molte cose. La crociata contro la cucina molecolare e l’utilizzo di addittivi ai fornelli, scatenata anche in TV e suggellata con un’ordinanza della Ministra della Salute Martini, è una di queste. Stento anche a capire perché Ferran Adrià prima decida di chiudere il suo ristorante El Bulli per due anni – dal 2012 al 2014 – e poi proclami che chiuderà ma non riaprirà più. Al suo posto creerà una Fondazione. C’è chi dice che sta inguaiato con i denari. E se c’ha problemi lui, il miglior oste del mondo da diversi anni, buona camicia a tutti.
Tutto questo mi ha portato a frugare un po’ in rete. Ho iniziato a rileggere una recente intervista fatta con Davide Cassi per mentelocale.it. Fisico dell’Università di Pavia, amico personale di Ferran, co-inventore del termine cucina molecolare, scienziato della materia che sperimenta coi frullini, ho controllato se mi ricordavo bene quello che mi aveva raccontato. E no, non mi sbagliavo. Gli ho chiesto: è pericoloso l’azoto liquido, diventato improvvisamente famoso perché permette di fare uno squisito gelato? «Non più dell’acqua o dell’olio bollente» la risposta. E le polemiche su Ferran Adrià? «È pura demagogia. Nei trattati di tossicologia viene sempre riportata una frase di Paracelso che dice più o meno così: è la dose a fare il veleno». In pratica, se uno non è bravo a dosare elementi e tempi con metodi, diciamo così, molecolari, è come se fosse un cattivo cuoco nel senso tradizionale. Per uno che una pizza schifosa, mica si mette fuori legge la pizza…
Cassi, tra l’altro, è anche consulente scientifico delle rivista Moebius, che ha pubblicato una serie di video molto divertenti sulla cucina molecolare. A me sembra anche un bel modo per fare i compiti di chimica…
Non fatico a credere che il ristorante di Adrià negli ultimi anni abbia registrato conti in rosso, nonostante sia sempre al completo e con una lista di attesa praticamente infinita. I grandi ristoranti, come mi ha detto qualche tempo fa Davide Scabin, sono imprese ad alta rendita d'immagine ma bassa rendita economica. E la scelta di Adrià di chiudere ogni anno il suo locale per sei mesi, tutti dedicati alla sperimentazione e messa a punto di nuovi piatti, di sicuro non aiuta. E' anche certo che Adrià non se la passa male economicamente: l'indotto del suo ristorante significa libri, consulenze, partecipazioni a convegni…
Certo, e si capisce anche – in realtà – la scelta di aprire una fondazione, ovvero un ente con diverse agevolazioni fiscali. Con la scelta di fare didattica sembra che dica: "io ho già dato, avanti il prossimo". Si vede che si divertiva di più nei sei mesi in cui era chiuso!