Belgio for dummies 2: le birre trappiste

da | Gen 30, 2015

La scorsa primavera ho fatto un interessante viaggio birrario nella East Coast americana (New York, Boston, Portland), quindi vi parlerò… di Belgio! Un po’ perché lo ha raccontato il mio compagno di viaggio Tyrser sul suo blog in modo più autorevole di me, e un po’ perché negli USA abbiamo assaggiato la birra trappista Spencer, made in Massachussets.

Nell’immaginario collettivo le birre trappiste sono belghe, in realtà ad oggi i birrifici trappisti sono 10: sei in Belgio, due in Olanda, uno in Austria, e appunto uno negli Stati Uniti.

Probabilmente tutti hanno bevuto una birra trappista, anche se non si è appassionati: si trovano facilmente nei locali e nella grande distribuzione, e sono presenti sul mercato italiano da molti anni (io mi sono avvicinata a questo mondo proprio grazie ad una Chimay tappo blu, quindi parliamo veramente di tanto tempo fa). Forse è il caso di precisare che con “trappista” non si identifica uno stile di birra, ma un prodotto che aderisce ad un disciplinare di produzione, e solo questo può fregiarsi del prestigioso bollino rosso esagonale di Authentic Trappist Product.

In Belgio sono riuscita ad andare ad assaggiare direttamente alla fonte Orval e Westvleteren: i birrifici non si possono visitare (vige la regola benedettina cistercense), e, nel caso di Westvleteren, neanche il monastero… ma tanto siamo qui per bere birre, no?

Ad Orval invece il sito da visitare è molto grande e bello, un misto di antico e moderno. Ci si aggira tra le rovine (tra cui la fontana dove secondo la leggenda Matilde di Canossa gettò il suo anello, ritrovato poi dalla trota presente sull’etichetta), l’orto dei semplici, l’enorme chiesa moderna e un museo ben curato, ricco di cimeli brassicoli.
Orval_ange_guardienAll’ingresso, nel piccolo negozio del monastero, è possibile comprare bicchieri, apribottiglie e ovviamente la birra, ad un ottimo prezzo. Per bere e mangiare invece c’è il ristorante “A l’Ange Gardien” poco prima dell’entrata al complesso monastico, dove si può assaggiare la Petit Orval (o Orval vert), ovvero la birra destinata ai monaci, con gradazione di 3,5°: una birra di grande equilibrio e bevibilità, che deriva dalla sorella maggiore al cui mosto vengono aggiunti acqua e caramello.

Non posso dimenticare di sottolineare che da poco più di un anno ad Orval il birraio è donna, Anne-Françoise Pypaert, che era stata il direttore del controllo di qualità dal 1995.

L’Abbazia di Nostra Signora di St. Sixtus è sede del birrificio di Westvleteren, ma noi andremo direttamente al centro visitatori “In de vrede”, che ospita un bar ristorante e il negozio: decidete voi se fare shopping prima o dopo aver bevuto le tre favolose birre prodotte qui, magari con il formaggio e il patè prodotti anch’essi dai monaci: la WV 12 è stata eletta miglior birra del mondo, ma io preferisco dilungarmi con qualche bicchiere della 6 e della 8.
La caratteristica di WV è la bottiglia nuda, senza etichetta: tutte le informazioni sono scritte sui tappi, che hanno colori diversi per le tre gradazioni alcoliche, ma a breve anche loro saranno circondate da un’etichetta voluta dalla nuova legislazione europea… sono molto curiosa di vedere come sarà la nuova bottiglia!

Come dicevo all’inizio, le birre trappiste sono abbastanza facili da reperire, ma andare in loco a berle ha tutto un altro fascino, per non parlare del fatto che alcune le trovate solo lì, e a prezzi decisamente più vantaggiosi; quindi vi consiglio di organizzare un bel viaggetto in furgone per fare il pieno, nel caso ricordatevi degli amici!

Autore

Barbara Boero

Nata dalla fusione tra l'orzo Maris Otter e il luppolo Styrian Golding, è l’unica donna il cui nome anagrammato dà “Portami un’altra birra, e portamela ballando”. Indovinate di cosa scrive su Papille?

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