Alessandro Gilmozzi, il bosco in cinemascope

da | Mar 23, 2012

Chissà se Camillo Sbarbaro avrebbe apprezzato la cucina di Alessandro Gilmozzi. Il ligure poeta e il cuoco trentino. Di certo, avrebbero finito a parlare di botanica, discutendo di quelle misteriose effervescenze, metà alga, metà funghi, che sono i licheni.
“Capisco, adesso, perché questa passione ha attecchito in me così durevolmente: rispondeva a ciò che ho di più vivo, il senso della provvisorietà. Sicché, per buona parte della vita, avrei raccolto, dato nome, amorosamente messo in serbo…. neppure delle nuvole o delle bolle di sapone – che per un poeta sarebbe già bello; ma qualcosa di più inconsistente ancora: delle effervescenze, appunto” scriveva Camillo Sbarbaro. Alessandro Gilmozzi, forse dal nonno botanico, ha tratto la stessa passione. Certo il lichene è il simbolo della sua cucina, di stanza a Cavalese, Val di Fiemme, Trentino.

El Molin: border line, Alessandro Gilmozzi, Riso (lumache, olio di betulla, fieno)Il suo El Molin, al centro del paese, era un tempo il mulino che serviva l’intera valle. Oggi è tra i più celebrati ristoranti della regione. La sua cucina è un percorso dritto e teso all’essenza di questa valle: il bosco. Un percorso ostinato e rigoroso. Non semplice, in certi passaggi, perché sovverte i concetti di buono e cattivo, equilibrato e scomposto. Ma intrigante, e appassionante: una cucina che parte dal naso, scombussola il palato, si allarga nella testa e solo a volte diventa pancia, godereccia pancia. Un work in progress continuo, riassunto nel menu Essenze, dieci assaggi (a 100 euro): una sorta di sfida, fin dall’incipit, Sotto la chioma dell’albero. Più che un piatto, un paesaggio, un viaggio e una scoperta, che Gilmozzi racconta così: “Ho studiato cosa mangiano cervi e lepri quando vanno a rintanarsi sotto la chioma dell’albero. Trovano radici e germogli. Così ho messo le rape dell’ultimo raccolto, rape piccole, di intensità diversa, conservate sotto la sabbia. Poi i pinoli di cirmolo e i germogli. Ho ricreato la terra con carbone vegetale e nocciole tostate. Ho marinato la carne di lepre con licheni, foglie di betulla e Riesling, in modo da creare la giusta acidità, e l’ho appoggiata sopra un tortino preparato con licheni, pinoli, mandorle. A fianco c’è la lingua del cervo salmistrata con aghi di abete, lichene islandico, sale e pepe. E ancora la neve, ricreata con schiuma di rapa e caprino”.

Destabilizza poi, con le sue note salate e amare e tanniche, l’Essenza di terra, un brodo che ha come base le bucce delle patate della valle e topinambur della val di Cembra, con l’infusione di lichene, lichene islandico, muschio, foglie di betulla, geranio odoroso, menta, melissa. Ed è ancora spiazzante il (doppio) rocher di foie gras, lichene di pino e polline di edera, integrato nel percorso del bosco con l’aggiunta di lichene, polline d’edera, miele di melo, sferificazione di miele. Felicità, sì, con il riso (lumache, olio di betulla e fieno): un risotto cotto solo con acqua di fonte, mantecato con burro al fieno (nel burro viene sminuzzato il primo taglio del fieno, quello più ricco), olio di betulla e lumache. Un piatto indimenticabile (“un viaggio che conduce dal campo d’erba al fienile” spiega Gilmozzi) che prima di tutto è profumo, poi risveglio, ricordo, piacere, palato, pancia. Prolungata dal godurioso krapfen d’anguilla brasata, maionese d’alghe e lattughe di mare, che recupera la tradizione degli allevamenti d’anguilla, presenti in valle fino ai primi del ‘900.

Dopo il delicatissimo temolo in abete rosso e la trota marmorata grigliata su braci di pigna, consommé wild e lichene islandico (dove il consommè wild è un brodo preparato con dieci tipi di carne) e un’infusione di lichene legnoso, ecco il camoscio cotto nel sale, con chips di funghi essicati e rape cotte sottovuoto. A chiudere, un macaron che è tutto contrasti, e poi il border line, già dal nome, paradigma di quest’esperienza: un dolce da gustarsi in due bocconi. “Ho lavorato con le gemme di larice, pino silvestre, abete. Ho preparato il terriccio con le gemme di abete e il mais della Val di Fiemme, rarissimo. Con miele di melo e topinambur ho fatto una piccola crema. Ho preparato un gelato al larice sul quale adagio cristalli di resina in polvere e un lichene candito. Ecco il borderline”. Ed ecco Alessandro Gilmozzi e il bosco in cinemascope.

Autore

Alessandro Ricci

Sotto i 40 (anni), sopra i 90 (kg), 3 figlie da scarrozzare. Si occupa di enogastronomia su carta e web. Genoano all’anagrafe, nel sangue scorrono 7/10 di Liguria, 2/10 di Piemonte e 1/10 di Toscana. Ha nella barbera il suo vino prediletto e come ultima bevuta della vita un Hemingway da Bolla.

Leggi gli articoli correlati

Articoli correlati

Acquapazza, osteria del mare a… Carpi

Acquapazza, osteria del mare a… Carpi

Siamo in Emilia. Pianura, zanzare che cominciano a farsi sentire la sera. Neanche l’ombra di una collina, prati verdi a perdita d’occhio e canali e case isolate. Il regno della tigella, del Parmigiano, dell’aceto balsamico (quello vero, siamo in provincia di Modena)....