Acquapazza, osteria del mare a… Carpi

da | Giu 9, 2017

Siamo in Emilia. Pianura, zanzare che cominciano a farsi sentire la sera. Neanche l’ombra di una collina, prati verdi a perdita d’occhio e canali e case isolate. Il regno della tigella, del Parmigiano, dell’aceto balsamico (quello vero, siamo in provincia di Modena). Ecco cosa ci si potrebbe aspettare cercando un ristorante a Carpi, e invece ci siamo imbattuti non solo in un ristorante di pesce ma, udite udite, in un ottimo ristorante di pesce.

Isolato nella campagna, a pochi dal tristemente famoso Campo di concentramento di Fossoli, si trova l’Acquapazza – Osteria del mare. Immerso nel nulla padano, una vecchia casa colonica, uno stanzone lungo e una veranda sotto un tetto inclinato, nella morbida luce del tramonto.

Ma passiamo a parlare di cibo, che siam qua per questo. Interessante la trovata del locale di non prevedere un menu à la carte (dolci esclusi). In pratica l’addetta al servizio passa tra i tavoli e propone: antipasti, primi, secondi, e gli avventori sono liberi di scegliere o passare oltre. Oltre al fatto di poter variare, questa soluzione garantisce che in cucina si preparino solo piatti con pesce fresco, veramente fresco. In più le quantità sono limitate: se vi arriva – ad esempio – una bella tartare al primo giro, state certi che rifiutando non tornerà. Quantità minime, no al pesce conservato o tenuto in frigo per giorni. Poco ce n’è, quindi cogliete al volo l’occasione quando vi passa di fronte.

Concentrandoci sulla cena in questione, ho assaggiato una delicata tartare di tonno con burrata, molto equilibrata, con il formaggio che non prevaleva minimamente sul pesce anche grazie all’acido di un julienne di carote e zucchine crude e a un paio di capperi ben assestati. Mettendo da parte tutti i miei pregiudizi di ligure sulle acciughe dell’Adriatico, mi sono lanciato appunto su un assaggio di alici ripiene di scamorza, avvolte in panatura e fritte. Anche qui lo chef ha azzeccato la preparazione, piatto goloso ma delicato, che non ha mai trasmesso sensazione di unto o grasso, anzi!

Non ho potuto dire di no alle frittelle di baccalà e di bianchetti, un vero must per ogni ligure che si rispetti, ma che – doloroso ammetterlo -, anche là in pianura sono estremamente ben fatte: frittura delicata, senza olio colante, baccalà dissalato da manuale e capace di liberare tutto il suo fibroso sapore.
Quando mi è passata di fronte una tagliata di tonno, già in bocconi pronti che facevano vedere quanto fosse al sangue, ho intimamente esultato: devo dire pesce di qualità cotto al punto giusto, con la crudità interna che esaltava questa nobile, nobilissima carne!

Per chiudere, un semplice ma mai banale spiedino di gamberi e calamari, con una delicata copertura di pane grattato e aromi di campo, niente di trascendentale, ma come al solito cottura magistrale su materia prima di livello.
Il tutto accompagnato da un ottimo Franciacorta Saten Enrico Gatti, ben bilanciato e dotato di un stupenda freschezza, va giù senza incontrare ostacoli e accompagna anche carni come quella del tonno che hanno bisogno di struttura nel vino. Interessante la carta dei vini, in total white, con proposte anche dal meridione (Falanghina e Greco di Tufo).

Prezzo per una cena: 30 euro a testa, vino escluso (soluzioni dai 15 ai 28 euro per le cantine locali e le bollicine).

Autore

Nicola Cavagnaro

Calcio, basket e cucina, le mie grandi passioni. Mi piacerebbe anche riuscire dignitosamente in almeno una di queste attività, ma sarà per la prossima volta. Nato a Sestri Levante, redattore siti web e telecronista. Difficile farmi stare zitto!

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