Edimburgo, guida minima per golosi

da | Gen 22, 2013

E per tutti i viaggiatori golosi, ecco la guida papilla ai ristoranti e pub di Edimburgo. Poiché i posti dove mangiare e bere non mancano proprio, abbiamo optato per un superbignami. Un nome e via. È inutile partire in viaggio con una lista troppo lunga, sennò tanto vale stare a casa e farsi i trip come Salgari: noi vi diamo un po’ di consigli, il resto sperimentatelo da voi. Per la stessa ragione del viaggio, viaggiare.

Birra

The Bow Bar, 80 West Bow. All’unanimità papilla il miglior pub di Edimburgo dove scolarsi una pinta. Ambiente, atmosfera, qualità: c’è tutto, e per di più è centralissimo. È l’ultimo locale assieme all’Abbotsford a servire la birra con il sistema tradizionale scozzese, il tall fount (una specie di rubinetto vittoriano azionato da un motorino ad acqua) e le spine sono quasi tutte di microbirrifici scozzesi (segnatevi questo, questo e questo). Insomma, una goduria.
PS. Non garantisco in alta stagione, ma quando ci siamo entrati eravamo gli unici turisti.

Dove farsi uno spuntino

Oink, 34 Victoria Street. Un negozietto con due strapuntini e un enorme maiale arrosto in vetrina, per di più di fronte al Bow Bar. La versione scozzese del panino con la porchetta, una succosissima delizia scaldamani che-non-potete-perdervi-no-no-no. Disponibile in tre grandezze, con un contorno e una salsa a scelta: si scioglie in bocca e invoca immediatamente il bis. Rapporto qualità/prezzo inarrivabile.

In giro per pub

Una passeggiata nella New Town, probabilmente il sito UNESCO a più alta concentrazione di birra nel mondo, va assolutamente preventivata. Da Charlotte Square fino a Calton Hill incontrerete uno dopo l’altro quasi tutti i più bei pub otto-novecenteschi di Edimburgo: Oxford Bar, Kenilworth, Abbotsford, The Tiles, Café Royal, Guilford House. Tutti risplendenti di stucchi, ceramiche art nouveau, legni intagliati e vetrate, tranne il primo, l’Oxford Bar, il nostro coup-de-coeur. Varcare la soglia equivale a un viaggio nello spaziotempo: persino il sito – andatelo a guardare vi prego – risale alla preistoria. La descrizione migliore è stata di uno dei compari di viaggio: “sembra di entrare nel salotto di qualcuno”. Silenzioso, raccolto, un po’ scalcagnato, familiarmente accogliente. Buone real ales (ma non si mangia) e una storia letteraria ancora viva (è il buen retiro del commissario Rebus, protagonista della serie di romanzi giallo-noir di Ian Rankin). Nota di colore: il vecchio publican, Willie Ross, non serviva gli inglesi e non faceva entrare le donne (ora dietro il bancone si muove felpata una cortese signora: il tempo scorre anche all’Oxford bar, suo malgrado).

C’è anche il formaggio…

I.J. Mellis Cheesemonger, 30A Victoria Street. Accanto a Oink e di fronte al Bow Bar: il triangolo della perdizione! Microscopico regno di formaggi, per tutti quelli che pensano che si possa vivere anche senza la mozzarella. La selezione di formaggi scozzesi non è enorme, ma è terra inesplorata per cui vale un indiscriminato ‘ndo-cojo-cojo. Tipo il Cheddar dell’isola di Mull (le cui vacche si nutrono anche dei malti avanzati dalla fermentazione del whisky Tobermory) o il Grimbister delle sperdute Orcadi, anche se non si può lasciare la Scozia senza aver assaggiato uno dei suoi blue cheese.

Dove bere del buon whisky

Albanach, 197 High Street. Direttamente sul Royal Mile si possono trovare millanta whisky bar, in parte inevitabilmente turistici: un altro ottimo indirizzo è per esempio il Whiski, con una lista ancora più lunga. Noi abbiamo preferito però l’Albanach, più contemporaneo e più tranquillo. Tanto, con una sola vita a disposizione, poter scegliere fra “ben” 300 whisky o “soli” 200 cambia nulla.

 

Poscritto.
E l’haggis?  L’haggis l’abbiamo cercato con passione, sapevatelo. Tuttavia, pur essendo il piatto nazionale, è difficilissimo – quasi impossibile per un normale turista – trovarlo handmade nel centro di Edimburgo. Lo servono dappertutto ma nessuno se lo fa: è quasi sempre un prodotto industriale (di solito MacSween). Noi siamo andati fino da McKirdy’s, in una buia sera di pioggerellina gelida, che almeno ha vinto il campionato annuale di haggis: decisamente buono. Vale la pena? Mah, dipende dal tempo a disposizione. Forse alla fine è meglio prendere il primo haggis che si trova in un pub e concentrarsi su altro.

Autore

Giulio Nepi

44 anni, doppio papà, si occupa da aaaaanni di comunicazione web. Genovese all’anagrafe ma in realtà di solide origini senesi, ha sposato una fiamminga francese creando così un incasinato cortocircuito di tradizioni enogastronomiche

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