Se la birra è artigianale ma sa di Ceres (*)

da | Nov 23, 2011

Ieri sera uno dei rari publican genovesi che gode della mia fiducia mi ha fatto assaggiare una nuova spina: una birra artigianale italiana, ancora piuttosto sconosciuta tra l’altro. Mi arriva una pinta perfettamente spillata, con un bel cappello di schiuma setosa. Alzo il bicchiere e la luce attraversa la birra con un lampo d’ambra: cristallo puro, non un atomo in sospensione.

Ding. Strano, suona la campanella neuronale. Non così strano, suvvìa, è vero che ci siamo abituati a bere birre artigianali velate, orgogliose dell’eventuale deposito sul fondo, ma mica tutte. “È una doppio malto” spiega il publican (doppio malto? Uno non può finir di dire che un publican è di fiducia che ecco).

Assaggio: equilibrata, maltosa, alcolica. La riassaggio. Sì, buona. Non il mio genere preferito. Mi ricorda molto una delle ultime bevute all’HB, il mio cervello la incasella nello stile “quel tipo di birre tedesche ma più alcoliche e rotonde”. Direi anzi un’espressione perfetta di quel tipo, una maibock a mio parere ineccepibile.

Mi rendo conto che sono un po’ deluso. C’è una vocina che mi dice “come, tutto qui?”. Alla fine della serata alla cassa mi costerà il 25% in più di una spina normale. La vocina riprende fiato “era una birra uguale a mille altre birre tedesche, non hai avuto nessuna epifania gustativa, ti prendono per il naso facendotela pagare di più con la scusa che è artigianale e magari l’hanno anche allungata col metanolo che tanto non li controlla nessuno questi sconosciuti”.

La vocina naturalmente non ha ragione: è una vocina interna, di quelle un po’ stronze, che ragionano di pancia. Però l’ho pensato.
La vocina non ha ragione però non so se la prossima volta riprenderò quella birra. Perché per quanto sia senziente e in grado di farmi un sacco di discorsi, sono anche un consumatore e come tale mi arrogo il diritto di ragionare di pancia, di trippa, d’istinto, di belino, di simpatia, di portafoglio.

Il mondo della birra artigianale italiana è ancora in piena ebollizione fermentativa, forse la strada del prodotto particolare è la migliore, forse è meglio fare birre mainstream ma con l’aura artigianale. Forse non c’è una strada migliore di altre.
La mia vocina sembra aver deciso da che parte stare.


(*) Lo so, ho barato. Non sapeva di Ceres. Trattasi di uno dei due antichi quanto astuti trucchi giornalistici per attirare il lettore. Il secondo trucco è sparare delle tette in prima pagina: se volete, la prossima volta…

Autore

Giulio Nepi

44 anni, doppio papà, si occupa da aaaaanni di comunicazione web. Genovese all’anagrafe ma in realtà di solide origini senesi, ha sposato una fiamminga francese creando così un incasinato cortocircuito di tradizioni enogastronomiche

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