Il mio kebabbaro è differente

da | Ott 8, 2013

Sono tutti uguali, i kebabbari, ma qualcuno è differente. E non sto parlando dei kebabbari gourmet, quelli sono ossimori viventi, sono come i Mac-panini di Gualtiero Marchesi: il kebab che abbiamo in mente è il vero rotolo di carne misteriosa, lo street junk food che abbiamo imparato ad amare nei viaggi dei nostri vent’anni, quando il gyros, il doner, la greque, lo shawarma, il kebap o il kebab erano il cibo esotico con cui ogni tanto riuscivi a interrompere la dieta da fornelletto camping gas dell’Interrail.

Oggi – escluso per l’appunto qualche ristoratore che pratica la variante gourmet, marinando la carne di agnello biologgico in notti di plenilunio – il kebab si è affermato come uno dei grandi protagonisti del cibo-spazzatura mondiale, uguale ovunque nel mondo, come la pizza precotta, gli involtini primavera e il Big Mac.

Qualche kebabbaro anticonformista tuttavia esiste. A volte infatti basta cambiare due o tre ingredienti per ottenere un risultato nettamente migliore.
Ecco i nostri upgrade preferiti:

1) Salse casalinghe
La salsa nel kebab è quasi tutto. C’è chi non lo vuole piccante, chi sì, chi poco ma con l’hummus, addirittura chi ci mette ketchup e maionese – le affogano in quella merda gialla (cit.). La norma sono le salse industriali, quelle in barattoli da cinque chili. Il mio kebabbaro è differente: le salse se le prepara lui. E se per l’harissa si limita a “trattare” quella originale stemperandone la piccantezza (credo col limone), per hummus e tzatziki la preparazione è davvero casalinga (ed è qualcosa che cambia davvero il gusto, soprattutto per il secondo).
Se poi trovate qualcuno che lancia il cuore oltre l’ostacolo proponendo anche altri condimenti oltre ai soliti, allora avete pescato il jolly. Ad esempio il mio vice-kebabbaro ha messo a punto una cremina all’aglio veramente fantastica – che tuttavia per un paio di ore vi alienerà le simpatie di chi vi sta intorno.

2) Pane sì, pita no
Lo so che ci siete affezionati, ma quella specie di piadina che vi rivendono come pita proprio non rende giustizia al companatico. L’upgrade ideale è il pane, meglio se quello arabo, che si apre a tasca. Nutre di più e inoltre assorbe sugo e salsa, rendendo meno pericoloso il temibile sgocciolamento del kebab.

3) Osare il cavolo
Triade immancabile: pomodoro-insalata-cipolla. E fin qui siamo tutti d’accordo (tranne quelli che ci vogliono poca cipolla). Il minimo che possiate esigere è che nelle vaschette ci siano almeno un po’ di prezzemolo tritato sulla cipolla e dei semini di cumino sparsi sull’insalata. Ma sappiate che c’è ancora di meglio. Qualche kebabbaro che ha girato per l’Europa avrà per esempio imparato che in Germania non c’è kebab senza cavolo: verza e cavolo cappuccio in particolare, tagliati a julienne. L’altro grande assente qui da noi è il cetriolo, che il kebabbaro ufficiale di ClanPapille – il pakistano Dany’s di Cornigliano – propone con gran successo in una versione marinata piccantina.

Selezionate il vostro kebabbaro in base a queste semplici regole. Risultato garantito.

Autore

Giulio Nepi

44 anni, doppio papà, si occupa da aaaaanni di comunicazione web. Genovese all’anagrafe ma in realtà di solide origini senesi, ha sposato una fiamminga francese creando così un incasinato cortocircuito di tradizioni enogastronomiche

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