A caval donato non si guarda in bocca. Ma anche no

da | Gen 4, 2012

La mia bottiglia langue sul mobile della cucina. Ormai è una settimana che è lì: il cenone di Natale è passato, il pranzo del 25 pure e Capodanno anche. Il padrone di casa non la stappa. Eppure dovrebbe essere una bottiglia più che discreta, un Ripasso di Masi del 1999 – un regalo che mi ero dimenticato in cantina, sennò gli tiravo il collo prima.
Ecco, il problema si ripropone: come ci si comporta quando qualcuno ti porta del vino per una cena?

Opzione 1, sei l’invitato

Con persone con cui si ha confidenza, vale la regola del “non stiamoci a menare il belino”: chiedo sempre cosa devo portare, e se è vino se dev’essere bianco o rosso. La volta che decido di attingere dalla cantina una bottiglia di riguardo, richiamo per sapere cosa prevede il menù (almeno all’incirca, per evitare di portare il Brunello e trovarsi nel piatto una coscia di pollo al limone).

Se invece la situazione impone una decisione più formale, del tipo “portiamo comunque una bottiglia” la mia triade è: Moscato / Prosecco / bianco leggero da aperitivo, rigorosamente già freddi, bottiglie in grado di accompagnare particolari momenti del pasto (l’inizio e la fine) che la stragrande maggioranza degli ospiti lascia “scoperti” negli abbinamenti.

Tutte le volte che mi metto in testa di portare un buon vino “a prescindere” (era il caso del Ripasso natalizio), un vino che porto con l’evidente intenzione di berlo, succede qualcosa che mi fa pentire di non essermi attenuto a queste semplici regolette. Ad esempio caschi su qualcuno che ne sa più di te e ha preparato un abbinamento migliore con un altro signor vino – caso in cui accetto la possibilità che la mia bottiglia finisca preda di guerra nella sua cantina.
Ma ovviamente puoi capitare su un menù che proprio non ne vuol sapere di abbinarsi al tuo vino, o molto peggio su qualcuno che invece ha già preparato i suoi vini – peggiori del tuo – ma che non ne vuol sapere di rinunciare a berli. Lì, game over.

Opzione 2, sei tu che inviti

Personalmente, se mi chiedono cosa portare, rispondo sempre “il dolce” e discorso chiuso.
Il problema sorge quando gli invitati arrivano col vino, e con quale vino. Se il vino è buono, facile, si mette in tavola – se ho già una bottiglia aperta per ossigenarsi, le farà compagnia; altrimenti rimetto in cantina la mia bottiglia ché quella dell’ospite ha la precedenza.

Ma se il vino non è buono? Casca l’asino. La speranza è che ti portino un rosso mentre tu magari hai preparato pesce e viceversa, così da avere gioco facile per dire “ma che peccato, purtroppo ho fatto l’aragosta; questa bonarda imbottigliata da tuo zio… sai, il rosso col pesce…”. Oppure aver già stappato il proprio vino, “accidenti, ho già aperto questa bottigliaccia di Chateau Margaux. Vabbè, appena la finiamo apro il tuo ottimo bottiglione di Sangiovese” e ovviamente nel caso dimenticarsene.
Ma se nessuno di questi salvifici casi si propone, allora siete di fronte al bivio definitivo: che fare? Diciamolo chiaramente, ignorare l’offerta dell’ospite non si può. A volte però  sembra averti portato la bottiglia giusto per il gesto, in tal caso si può elegantemente cercare di guadagnare tempo per lasciare l’ignobile boccia nell’oblio. Chi poi ha bambini può tentare di buttarla in caciara, scatenando i pargoli e approfittando della confusione per insabbiare il Tavernello che gli ospiti hanno così cortesemente portato.

A proposito, la mia bottiglia. È stata stappata l’uno sera, in un desolante panorama di avanzi e di stomaci ormai sazi, e neanche finita. Un misero destino. L’anno prossimo porto il Tavernello.

Autore

Giulio Nepi

44 anni, doppio papà, si occupa da aaaaanni di comunicazione web. Genovese all’anagrafe ma in realtà di solide origini senesi, ha sposato una fiamminga francese creando così un incasinato cortocircuito di tradizioni enogastronomiche

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