Avete presente le Madeleine? Quelle cose che ti fanno venire in mente altre cose (Proust perdonami). Ecco: tutte le volte che prendo in mano una pesca, matura al punto giusto, di quelle che prendi la pelle dalla testa e viene via liscia come sul velluto, mi scatta qualcosa dentro. Qualcosa del tipo: come erano buone le pesche che mangiavo da bambino. Anzi, che prendevo dall’albero da bambino. E poi me ingoiavo quasi intere tanto erano buone.
Quel frutteto lì oggi c’è ancora, ma gli anni si sentono. I peschi sono passati a miglior vita, gli albicocchi pure. Resistono stoiche le mele, tra cui le rare Carle, che però vanno ad anni alterni. Persino un’amarena che pensavo eterna (anche lì le Madeleine si sprecano: del tipo “il primo albero su ci sei salito”) è seccata.
Insomma, ho pensato, bisogna fare qualcosa.
Prendo il coraggio a quattro mani e al pranzo di Natale dico: “non è che si potrebbe rimettere qualche pianta”. Apriti cielo. E bisogna fare lo scasso, perché la terra è dura oltre che bassa. E bisogna starci dietro. E bisogna proteggerle dai caprioli. E bisogna curarle perché passino l’inverno.
Per la cronaca. Il posto è Basso Piemonte, ovvero ovadese. Io le pesche me le sogno di notte, ma ora bisogna prendere una decisione vera. Si fa o no?
Fruttetisti del mondo, unitevi per darmi un mano. Apprezzo Consigli di qualsiasi sorta.
