Cibo e vino sono i temi del momento, alla ribalta su ogni mezzo di comunicazione. Ma la cultura enogastronomica italiana non sembra crescere. Forse perchè la cultura, qualsiasi genere di cultura, richiede tempo per alimentarla e oggi pochi han tempo e voglia di farlo.
Chef trasformati in star, nomi di vini e di cantine che si rincorrono nei discorsi degli appassionati, centinaia di blog, canali televisivi tematici, ristoranti gourmet scansionati 24 ore su 24 da uno stuolo di buongustai, libri di cucina in cima alle classifiche di vendita. Mai come oggi il mondo dell’enogastronomia è stato sotto i riflettori.
Ma basta intaccare la sottile crosta superficiale di questa bolla mediatica, per trovare una realtà molto diversa. In Italia non si è mai bevuto così poco vino come oggi: il consumo di vino pro-capite si è attestato nel 2010 sotto la soglia dei 40 litri (-30% rispetto alla fine degli anni ’80). In famiglia il tempo dedicato ai fornelli è in costante diminuzione. La distanza tra produttori e consumatori è in molti casi incolmabile. L’obesità in costante ascesa.
Siamo di fronte a una situazione paradossale. Ma non c’è da stupirsi. La regola fondamentale è sempre la stessa: la quantità non è mai direttamente proporzionale alla qualità. Il grande discorrere contemporaneo di cibo e vino non ha minimamente spostato in alto l’asticella della cultura enogastronomica media italiana. Anzi, i confini tendono a scivolare all’indietro.
C’è un mondo spaccato in due. Da una parte, pochi punti percentuale di persone estramamente esigenti (in molti casi pure troppo, ma questo è il difetto di chi è monomaniaco). Quelle che conoscono tutti i vini, citano confidenzialmente per nome gli chef e sono amanti segreti di Bonci e di Bottura. Oltre il fiume, la stragrande maggioranza, che invece tende ad arrancare da un supermercato all’altro, che non legge blog e libri di cucina, ha poco tempo per cucinare né soldi (e mentalità) per spendere 100 euro a testa in un ristorante.
Si parla tanto di cibo, ma non esiste una cultura del cibo. Vado oltre: non esiste una cultura delle papille, del palato. Date a dieci appassionati – non astemi, ma appassionati, gente che beve vino regolarmente, non avvezza al Tavernello- due bicchieri alla cieca, uno di Barolo, uno di Barbera che ha fatto legno. Otto non saranno in grado di riconoscere i due vini.
Quadro losco? Di certo non salvano il panorama migliaia di post dedicati al cibo. Fateci caso. Prendete qualsiasi blog. I post di ragionamento difficilmente fanno decollare una bella discussione (ci sono le eccezioni, come questa, letta proprio oggi). Sono i post gossipari invece, ad attirare decine di commenti. Questa tendenza, purtroppo, la si può riscontrare ovunque, in qualsiasi settore dell’informazione (andate a vedere quali sono le notizie più lette su Corriere.it e Repubblica.it: ogni giorno dominano emerite puttanate), in qualsiasi ambito della nostra vita.
La cultura ha un grande difetto: occorre tempo per alimentarla. Questo vale anche per la cultura gastronomica. Che non significa conoscere a memoria chef e ristoranti stellati, né fare gli sboroni citando centinaia di etichette di vino. Cultura gastronomica significa mangiare bene, tutti i giorni, consapevolmente. Significa conoscere i prodotti di stagione, sapere fare la spesa, saper cucinare, apprezzare le diverse culture del cibo. E anche apprezzare chi cucina con onestà, sia la trattoria autentica o il Bottura di turno.
C’è tanta strada da fare.
Alessandro, come ben sai quello dell’enogastronomia è un contesto vario, diversificato dove convivono mentalità, esigenze e obiettivi diversi. L’analisi che fai è senza dubbio valida, ma è un argomento dove le angolazioni sono inimmaginabili. Non sono molto d’accordo che in questo momento il tema enogastronomico sia al centro di tutto 🙂 forse qualche anno fa sì…
s.
Chapeau Alessandro!
A mio modesto parere (da addetto ai lavori) è una scansione vera, della situazione eno-gastro italiana.
Vorrei analizzare alcuni aspetti:
"In Italia non si è mai bevuto così poco vino come oggi: il consumo di vino pro-capite si è attestato nel 2010 sotto la soglia dei 40 litri (-30% rispetto alla fine degli anni ‘80)"
Vero e confermo! sopratutto fine 2010, inizio di quest' anno i vini nei ristoranti( confermata ogni giorno sulla mia pelle e anche da colleghi e fornitori)sono quasi fermi.
Fornitori che se gli fai un ordine da 1000 euro, tra un pò ti regalano un viaggio o la cosa che personalmente mi fà più incazzare è la vendita alla grossa distribuzione da parte di cantine(anche importanti),poichè i ristoranti non comprano. E così ti vedi un Rapitalà piu tosto che frescobaldi etc… nei supermercati, quindi chi ha passione per questo lavoro e cerca di fare ricerca (in cucina come in cantina) inizia ad abbandonare certi vini un tempo destinati alla ristorazione, verso altre tipologie di nichia. le cause sono molteplici chi fà ricarichi di 6/7 volte, del ritiro della patente, o del spendere anche quei 20 euro in più che al giorno d' oggi sappiamo tutti quanto valgono.
Altro aspetto che mi è piaciuto particolarmente:
"Cultura gastronomica significa mangiare bene, tutti i giorni, consapevolmente. Significa conoscere i prodotti di stagione, sapere fare la spesa, saper cucinare, apprezzare le diverse culture del cibo. E anche apprezzare chi cucina con onestà, sia la trattoria autentica o il Bottura di turno"
La cultura Gastronomica ITALIANA è la più importante al mondo abbiamo un background gastronomico tramandato nelle generazioni che fa parte di noi come il calcio e altre cose!
LA gente (non tutta per fortuna) non sa nè comprare nè cucinare! Come si fà a comprare gli asparagi(Cileni) a Dicembre che costano 9 euro al kg invece di comprarli ora che è l' inizio e tra 15 giorni il boom? Come si fà ad aprile a comprare i piselli surgelati quando ora freschi sono buonissimi? Preferisco che una famiglia si compra una cassa di piselli ,li sgrana e li surgela ma chi lo fà più? Io Sono Genovese, da noi si usa fare il sugo aù tuccu, un bel pezzo di carne che viene fatto cuocere per un giorno intero a fiamma bassissima…………quanti a casa lo fanno ancora? Fortuna che ci sono ancora le nonne………..
Per chi cucina onestamente è giusto, la spesa al ristorante è direttamente proporzionale al locale che vai sia esso un 2 stelle che la trattoria sotto casa, ed è in base ai prodotti(fresci) e la ricerca che cè dietro.
Ciò però non vuol dire che se vado in un locale da 200 euro a testa devo fare l' esperienza della mia vita , perchè anche dalla trattoria sotto casa che ti fà magari un piatto della tradizione che non mangi da anni puoi emozionarti anche se spendi 10/20 euro.
@Stefano Buso
Non sono molto d’accordo che in questo momento il tema enogastronomico sia al centro di tutto forse qualche anno fa sì…
Veramente per quello che vedo io siamo invasi da sindrome enogastronomica OVUNQUE pure GEO&GEO che è un "documentario" che ospita molti bambini ci ha infilato la sua mazzora gourmet con lo chef di turno, Playboy ha due pagine di cucina(playboy)…..su sky Gordon Ramsey e co. occupano mezzi palinsesti forse gli altri anni di piu……….
Saluti a tutti Davide
ps ottimo Blog papille clandestine
L'enogastronomia è una moda, per molti versi. Duratura perché se ne parla almeno da un paio di millenni ma comunque una moda soprattutto per ricchi (chi ha inventato di fossa – ricordiamoci – non sapeva che stava facendo IL formaggio di fossa, è un'analisi a posteriori che l'ha reso tale). Noi molto spesso, praticamente sempre, parliamo come addetti ai lavori che frequentano altri come noi. In pratica diventiamo autoreferenti. In terzo e non ultimo luogo: chi fa cultura enogastronomica? A me sembra sia diventato una sorta di refugium peccatorum dove gli attori si improvvisano cuochi, i cuochi pensatori e i pensatori? A volte si dimenticano di essere tali.
Complimentissimi!
Una disamina da pelle d'oca! So di non aggiungere niente di costruttivo al tuo intervento ma i complimenti mi sono usciti di getto.
La cultura, il mangiare bene ogni giorno, è ciò che spinge a comprare frutta e verdura di stagione, evitare i surgelati, preferire la focaccia fatta in casa alla pasta sfoglia comprata al supermercato.
Chi preferisce fare queste cose è lo stesso che, se la sua borsa lo permette, non si pente di spendere 100 euro per una cena.
Ma il problema è:lo stipendio si adegua ai consumi fissi ( e parlo di tasse e costo della vita al di là dello shopping, del cinema, delle cene fuori, insomma, al di là degli "svaghi")? E il lavoro flessibile si traduce in un lavoro che va oltre le 8 ore lavorative (a volte nemmeno riconosciute come straordinario)?
Cosa voglio dire? Che la questione intorno ai cambiamenti di alimentazione non può essere scissa dai cambiamenti sociali, politici ed economici.
Il lavoro flessibile, il precariato, le scelte politiche (abbiamo eletto noi chi ci governa) e la situazione di crisi economica portano a un consumo di vino minore (si taglia il superfluo), minor tempo in cucina (il lavoro flessibile spesso si configura in 11 ore lavorative senza alcun tipo di retribuzione straordinaria), obesità (spesso si supplisce la mancanza di proteine, più costose, con un aumento di carboidrati. Quando ero studentessa e non arrivavo a fine mese ero solita mangiare pasta in bianco a pranzo e cena. Pasta e pane. Aggiungiamo le offerte di Mc donalds o simila, che io non ho mai sopportato, ma che altri considerano una valida alternativa alla fame, e si può comprendere come possa essere possibile l'aumento dell'obesità).
Insomma il mangiare, come il sesso, è una delle cose più naturali e culturali insieme. Ma la cultura dipende dal contesto storico, economico e politico.
il più bel articolo di papille
da quando esiste papille!
per me che sono un' esordiente totale dell' argomento
il più delle volte che sento parlare gli "esperti"
mi verrebbe da definirli piu che altro enogastronauti,
e mi danno anche l'impressione di capire poco loro stessi
quello che stanno dicendo (o forse sono veramente tanto esordiente)
ad ogni modo senza criticare nessuno, poichè ognuno è libero di fare come crede, a mio avviso questo tipo di cultura è veramente basso oggi come oggi!
capisco benissimo che i tempi sono duri economicamente,
ma quanti di noi comprano un paio di scarpe da 50-100 euro ma non una bottiglia di vino alla stessa cifra!
secondo me , è qui che entra in gioco la cultura…
vogliamo fare i fichi parlando di certe cose ma non siamo disposti a sacrificare qualcosa per viverle.
comunque per me, ben venga questa "ignoranza"
almeno se il vino non si vende, probabilmente scenderà di prezzo, e la stessa bottiglia che oggi costa 100 domani costerà 50 o magari 25…. magari!
P.S. vado a mangiare…. pasta al pesto, basilico del contadino e ricetta originale dell' 800! se non è cultura poco ci manca