Macchina, sette e mezza otto meno un quarto. Coda. Radio accesa. Va in onda La Zanzara . Un attimo di esitazione, ma non cambio. Si parla del caso Kyenge-Calderoli, rispetto al quale credo non ci sia nulla da aggiungere. A un certo punto della trasmissione, come per incanto, esce fuori l’argomento “a cena con”. E m’illumino d’immenso.
Ogni tanto – puntuale come la morte – qualcuno se ne esce con: dai tu non ci andresti a cena con Tizio? Tendenzialmente Tizio è un essere con problemi d’immagine (vedi eufemismo), abbietto all’opinione pubblica, o almeno parte di essa, sicuramente reduce da una roboante figura di merda. Per questo, anche nel caso più disperato, risulta intrigante ai più scaltri, se non simpatico, e lo si nomina come ideale compagno di una serata indimenticabile: “sai le risate”. Potete immaginare a chi si riferiva l’invito de La Zanzara.
Segue quasi subito: “invece pensa che palle andare a cena con Sempronio”. Sempronio nella stragrande maggioranza dei casi è una persona normale. Non irreprensibile. Normale. Forse non buca particolarmente lo schermo, e per questo risulta poco attraente. Una o uno con cui la cena di cui sopra – chissà perché – risulterebbe senza ombra di dubbio noiosa.
Cosa simboleggia questa cena che viene sempre tirata fuori? Un momento di incontro e discussione conviviale? Oppure uno spazio di distrazione ed evasione dal proprio quotidiano? Un’occasione per fare il voyeur di un mondo sconosciuto? Il momento in cui si getta la maschera e ci si sganascia con qualche barzelletta sconcia?
Cosa pensa questa gente quando dice “una cena con lui/lei” me la farei”? In generale mi pare venga tirato fuori meccanicamente quando c’è da salvare uno che ha fatto qualche stronzata, come dire: è pur sempre un bravo ragazzo. Ma nella trasmissione di cui sopra – tanto per capirci – le mie orecchie hanno sentito: “Chi non vorrebbe aver cenato con Hitler?”. Ecco, chi? Ma soprattutto perché? Io tutte le volte che faccio sto giochino ci casco, e alla fine penso che vorrei fare le vacanze con Charles Manson, altro che cena. Poi mi riprendo. E spengo la radio.