Malkovich: lo speakeasy più cinematografico di Genova

da | Feb 12, 2016

Attenzione: nascosto da qualche parte tra i vicoli di Genova c’è un nuovo speakeasy. Un altro? Sì, ma merita mettersi sulle sue tracce, perché vale il gioco. Ha aperto sul finire del 2015. Per entrare, bisogna conoscere la parola d’ordine. Cambia ogni giorno, ed è sempre il titolo di un film. Non è il solo riferimento cinematografico, perché i titolari sono appassionatissimi della settima arte. Si chiama Malkovich, come volevasi dimostrare.

Prima regola del Malkovich: non parlate mai del Malkovich”.
Ok, la stiamo infrangendo. Ma solo in parte. Non sveleremo molto.

Per conoscere la parola d’ordine, bisogna sapere un numero di cellulare. Basta uno squillo, ed entro pochi minuti arriva via sms il lasciapassare. Come conoscere il numero? Qualche ricerca su facebook è un buon mezzo. Ma una volta in possesso della password, non è detto che sia possibile entrare.

All’interno, infatti, i posti sono davvero pochi: c’è una prima saletta, raccolta attorno al bel bancone; poi una seconda, che può accogliere poco più di una dozzina di persone. Non è possibile prenotare, ed è meglio fare incetta di pazienza. Per ingannare l’attesa, si può azzannare un hamburger – le cui dimensioni non facilitano l’abbraccio mascellare, ma per fortuna viene in soccorso un’infografica che esplica la giusta tecnica (giapponese) per ingurgitarli  – e bere una birra d’Oltreoceano.

Il Malkovich, infatti, se ne sta nei sotterranei di una hamburgeria molto ammerricana. Una porta di legno nasconde le scale. La gente entra, e non esce più. Inghiottita in un tunnel spazio temporale? No. Semplicemente, l’uscita è diversa dall’entrata, come in molti speakeasy originali dell’America proibizionista, quando l’alcol clandestino scivolava a fiumi in travaso diretto dalle budella delle city alle budella degli avventori.

L’atmosfera è intima. E Si beve bene. Dietro il banco, da solo, si muove il “Bianconiglio”: un giovane barman, che ha creato una bella carta dei cocktail, ancora ricca di riferimenti cinematografici. Ci sono dieci grandi classici – ogni versione originale è affiancata da un twist – protagonisti al cinema: dal white russian del Grande Lebowsky al Margarita di Kill Bill 2, fino al Manhattan preparato con grazia unica da Marilyn Monroe in Qualcuno piace caldo. Ci sono sette varianti del Martini, una pagina dedicata ad Hemingway e i fuori lista.

Un tris per cominciare: il buon “Welcome to Italy Mr. Bond” (variante del Negroni); l’ottimo Drugo White Russian e lo Switch Scotch to Martini an die, ispirato alle ultime parole (non sarei mai dovuto passare dallo Scotch al Martini) pronunciate da Humprey Bogart prima di tuffarsi nell’immortalità.

Non diciamo altro, se non che è aperto dalle 20 alle 3 (ultimo ingresso alle 2, e per trovare posto è meglio presentarsi sul presto). E che bisogna avere un po’ di pazienza anche all’interno (i cocktail sono elaborati, e i tempi si allungano). Tutte le sorprese, a voi.

Autore

Alessandro Ricci

Sotto i 40 (anni), sopra i 90 (kg), 3 figlie da scarrozzare. Si occupa di enogastronomia su carta e web. Genoano all’anagrafe, nel sangue scorrono 7/10 di Liguria, 2/10 di Piemonte e 1/10 di Toscana. Ha nella barbera il suo vino prediletto e come ultima bevuta della vita un Hemingway da Bolla.

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