Quando ci sono degustazioni alla cieca ci si rilassa un po’. Di fronte ad una bottiglia fasciata chi non si sente più libero di sparare cazzate? Il cuore è leggero, la giustificazione dietro l’angolo.
L’ultima cena papilla si è svolta a casa dell’oste e amico Stefano Albenga del Bar Marmo. Serata carbonara quanto basta, “una roba tra amici”, “una roba trenki”, come ci diciamo tra noi quando stiamo organizzando. Anche questa ce la ricorderemo eccome, soprattutto il giorno dopo.
«Stavolta sono stato bravo», esordisce Stefano. Apposto. Più o meno vuol dire che non ci proporrà qualcosa impossibile da individuare, come un dolcetto prodotto in Cina.
Il format trenki è questo: una bistecca irlandese con patatine fritte, un misto formaggi e quattro bottiglie misteriose. Si parte col bianco. Gli accoliti, dapprima guardinghi, parlano di regioni : puglia, sardegna, liguria. Come a dire, se non pesco il nome almeno la famiglia.
Alla fine, dopo un bianco e tre rossi, con Alessandro a far da notaio e Giulio a far ceti con Fiorenzo Sartore de La Botte Piena nonché Diario enotecario, si è giunti faticosamente al verdetto. Chi ne ha preso uno, chi una regione e un vitigno. Si discute col senno di poi. Solo un ragazzo corre urlando qua e là che ha vinto, che è il più grande degustatore di tutti i tempi. Non facciamo il nome che è meglio ma gira voce che ci siano stati dei brogli.
I protagonisti della serata sono stati: il Bianco Scarpa 2011 – Monferrato Bianco DOC – blend di Trebbiano e Cortese. Un Montefili Rosso di Vecchie Terre di Montefili (Sangiovese e Cabernet), il Brunello di Donatella Cinelli Colombini e, qui casca l’asino, il Malbec argentino di Alvear. Vammelo a piglià, deve aver pensato Stefano.
Verso la fine dei giochi, quando parecchi erano pronti a fare i gesti più folli, girava voce che il grande vecchio – Giulio Andreotti – ci avesse lasciato. La notizia meritava un brindisi alla memoria. A quel punto è magicamente apparsa una bottiglia di Champagne, che vedete nella foto sopra.
ps: a mente fredda, dopo cotante elezioni, la dipartita di Giulio avrebbe avuto un bel peso simbolico. Invece è ancora lì che resiste. E chissà cosa pensa della nouvelle vague italiana.