Un team di donne cazzutissime, agguerrite e divertenti. Ecco il Liverani’s team composto dalla chef, dalla mamma, dalla sorella tutto-fare-bimba-munita e dalla piccolina di casa. Una genealogia di signore in carne, ossa e cappelletti (scopriremo dopo perché me li sogno ancora di notte). Ma partiamo dal principio.
Ho avuto modo di conoscere Erica Liverani (per i pochi che non lo sanno – e noi eravamo tra questi – è la vincitrice dell’ultima edizione di Masterchef – NdR) intervistandola prima della sua discesa nelle valli genovesi, il 1 aprile alla Trattoria alle Due Torri, per il suo primo, anzi primissimo servizio per più di 5 persone. Che sia simpatica, nonostante tutte le critiche ricevute, è un dato di fatto. Che sia romagnola, spigliata e contadina nella preparazione così come nella genuinità delle sue “uscite” è anch’esso un dato oggettivo.
Beh, ma saprà cucinare sul serio? Così, ho toccato con stomaco la manifattura del suo estro e… devo dire che la ragazza ci acchiappa sul serio. Molto semplice, nella preparazione e nella proposta e, come spesso succede, less is more, quando si intende less come offerta e tradizione e more come risultato al palato. Una cucina semplice e immediata, tradizionale con qualche guizzo gourmet: antipasto, primo, secondo e dolce. Così ho assaggiato per la prima volta in vita mia la rana pescatrice o coda di rospo e la crostata scomposta. Immaginandomi chissà cosa, invece ho avuto ragione a lanciarmi in questa Liverani’s adventure. Ecco cosa ne ho tratto.
Menù proposto
Tataki di tonno al sesamo nero con macedonia di frutta e verdura
Ottimo il tonno (a bocconcini), cotto a puntino e l’abbinamento con la frutta esotica in abbinamento alla verdura di stagione è davvero da masterchef. Semplice ma buonissimo. La panatura di sesamo si abbandona sul tonno così come la sottoscritta sugli scogli di Bogliasco. Croccante fuori, morbido dentro.
Cappelletti alla crema di tartufo e asparagi
Un capolavoro. La pasta, fatta e stesa a mano, si sente nel sapore, consistenza e “casalinghità”. Riesce, così, a farmi mangiare anche gli asparagi bolliti (uno dei miei nemici mortali, nda). Forse è merito della crema al tartufo, anch’essa fatta in casa o la spolverata di tuorlo d’uovo che dà, se possibile, ancora più corpo al tutto. Una nota dolente: erano pochi.
Coda di rospo lardellata al bacon su crema inglese al parmigiano e asparagi
Pezzo unico, adagiato su una crema delicatissima. La copertura croccante e la cottura a bassa temperatura rende giustizia alla carne tenera e tendenzialmente poco protagonista del pesce. Mai assaggiato prima e, ahimè, tocca dire mea culpa.
Crostata scomposta
Ingegno nella semplicità. “Come disfare i lego”, dice lei. Pasta frolla (che io uso come cucchiaino, nda) per un guazzetto di crema pasticcera e frutti di bosco freschi e… niente, l’ho divorata talmente in fretta che non ho altro da aggiungere.
Top of the pops: la mamma di Erica. Aiutante nella stesura della pasta (ci avrei giurato) e quint’essenza della romagnolità. Simpatica e travolgente, coccola la nipote mentre Erica sconvolge la cucina. Poi facciamo due chiacchiere e mi svela la vera piada. 10 con lode, bacio in fronte e un appello: invitami a cena!
La ricetta – La “vera” piadina
per 10/12 piadine:
500 gr di farina + 75 gr di strutto + sal qb + pizzicata di lievito + impastare con acqua tiepida
Cottura al forno rigorosamente a legna e poi il tocco del maestro: un paio di spatolate di squacquerone e almeno 4 fette di prosciutto crudo. Crepi l’avarizia e chi non ha gusto!