“Cosa ti ha detto stavolta?”
“Che è tutto nella mia testa, che ho frainteso.”
“No, aspetta, mi avevi detto che vi eravate visti e che ti aveva detto che continuava a provare un certo trasporto per te.”
“Ha detto così, ma in realtà non mi sono fatto altre domande, ero troppo felice di rivederla.”
“Avete messo in chiaro le cose prima, o si tratta del solito tira e molla?”
“Non essere così razionale, ti perdi il bello.”
Questo è stato l’incipit della mia ultima conversazione con un caro amico davanti ad una fetta di polpettone.
Forse è vero, ad essere troppo razionali ci si perde il bello. A volte però è necessario. Soprattutto quando si continua a soffrire a causa della stessa persona che non ci rispetta e che non ci merita nemmeno.
Nel momento in cui un amico ti chiama in modalità “ciao-passo-da-te-ho-rivisto-la-stronza” non hai nemmeno il tempo di pensare di buttare la pasta, renderti presentabile dopo una giornata di lavoro: ti limiti ad aprirgli la porta, farlo sedere a tavola con davanti quello che c’è e metterti ad ascoltare. Tanto anche se gli dici “sei un cretino” mica ti sente.
Cercherò di farla breve: abbiamo tre protagonisti principali.
Guinizzelli, il mio amico, un romantico travestito da spaccone, sicuramente recidivo.
Cocktease, la ragazza in questione, il cui nome descrive un po’ tutto.
Cecco, l’uomo che Cocktease crede essere il SUO Mr.Right, che forse non è right per nulla.
Volevo volare alto riferendomi al Dolce Stil Novo, ma tratta di angelicate creature, mica di peripatetiche terrene. Insomma Guinizzelli è invaghito di Cocktease, Cocktease convince Guinizzelli che lei è l’angelicata creatura che lui attendeva da tempo; un giorno però Cocktease incontra Cecco e le viene in mente che forse con lui starebbe decisamente meglio. Così, mentre Cocktease si convince che Cecco è il suo uomo ideale, abbandona Guinizzelli, che ci resta di sale e decide che mai, mai, mai più avrebbe avuto a che fare con lei. Però Cocktease sa di avere ancora dell’ascendente su Guinizzelli e prende a palesarsi saltuariamente davanti all’abbandonato ;lui ingenuamente crede in un ritorno di fiamma ed è così felice da scrivere per lei perfino un sonetto. Mentre Guinizzelli cerca di finire i versi per consegnarli alla sua amata, non comprende che questo è un giochetto utile solo a Cocktease per rinsaldare la sua autostima, ovvero sbatte gli occhini a Guinizzelli solo quando si sente poco considerata da Cecco.
Guinizzelli, tornato alla ragione, si incazza, concludendo
remagno come statüa d’ottono,
ove vita né spirto non ricorre,
se non che la figura d’omo rende
(Lo vostro bel saluto e ‘l gentil sguardo – Guido Guinizzelli)
Prendetela alla lettera: lo dice… testone come un pezzo di ottone.
A quel punto non potevo non chiedermi: essere diretti è un bene o un male? Dire le cose per come sono è un atto di coraggio o potrebbe essere inserito nella normale prassi dettata dal rispetto? Tergiversare, sparire e tornare sono sintomi di latente gattamortismo o semplici segni di indecisione che sottendono una richiesta di maggiori sicurezze?
Faccio la cattivissima e continuo a ribadire che le gattamorte rovinano la piazza, però al momento non ho trovato alcuna risposta alle mie domande.
L’unica certezza di questo post, oltre ad essere uscita viva da una faticosa conversazione di oltre quattro ore, è la ricetta del polpettone.
Polpettone alla genovese
4 patate di media grandezza
400 gr di fagiolini
2 uova
50 gr burro
parmigiano q.b.
pangrattato q.b.
olio, sale, pepe q.b.
maggiorana
Lessare le patate con la buccia in acqua salata; lessare i fagiolini a parte. Pelare e poi schiacchiare le patate con la forchetta fino a renderle morbide come un purè. Tritare i fagiolini a coltello.
Unire tutto in una terrina, aggiungere le due uova, il formaggio grana grattugiato, un pizzico di sale, il burro, la maggiorana e un filo d’olio.
Lo sformato dovrà essere alto circa 1cm, cercate di averlo presente quando deciderete in che teglia stendere il composto; ricoprire tutto con pane grattato e mettere in forno per circa 40 minuti a 180°.
Si formerà una invitante crosticina dorata: a quel punto sfornate e servite.