Ritornando dal Salone del Gusto

da | Ott 23, 2010

Bah, beh, boh. Oggi sono stato al Salone del Gusto. Inevitabile andarci. Ho passato la mattinata a dire: “bah, beh, boh”, girando tra il Padiglione 1 (con i produttori e presidi internazionali), 2 (tanto Piemonte e il resto del nord) e 3 (centro e Sud Italia). Me lo sono chiesto anche davanti allo Street Food, dove mi sono fermato a mangiare pani ca’ meusa, olive all’ascolana e bombette pugliesi (meglio non chiedere al mio fegato le conseguenze di questa dieta…). Uno street food che non schierava pezzi grossi dello scacchiere italiano. Due nomi? Pizza e lampredotto, per esempio. Bah, beh, boh. Bah, beh, boh. Ho trovato il Salone un po’ uguale a se stesso, e forse anche in tono minore. Certo, sempre una gran bella roba. Ma nessuna vera novità, un ritmo non certo slow, una nuova disposizione degli espositori che mi ha convinto meno della scorsa edizione.

Mi sono fermato allo stand del Birrificio del Ducale, ho assaggiato le loro quattro (splendide) birre. Poi sono scivolato tra gli espositori internazionali. Un pezzo di formaggio qui, una faccia di sole e vento là, il profumo di arance e cannella nell’aria, un foulard di stelle e savana danzante nel cielo di Torino e vecchie varietà di mandorle dell’Uzbekistan. E piano piano, come una musica in crescendo, ho trovato il mio ritmo, la giusta propensione al divagare, trascurando (il più possibile) folla e stand promozionali poco azzeccati.

Sono tornato a casa con qualche prodotto, nulla di abbondante. Pasta campana abruzzese e pugliese, un formaggio veneto, un salume basco, dei fichi dottati calabri, del pane ferrarese, e poi birra emiliana. Bah, beh, boh. Qualche dubbio mi rimane. Ma anche una consapevolezza: al prossimo Salone ci sarò di nuovo.

Autore

Alessandro Ricci

Sotto i 40 (anni), sopra i 90 (kg), 3 figlie da scarrozzare. Si occupa di enogastronomia su carta e web. Genoano all’anagrafe, nel sangue scorrono 7/10 di Liguria, 2/10 di Piemonte e 1/10 di Toscana. Ha nella barbera il suo vino prediletto e come ultima bevuta della vita un Hemingway da Bolla.

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