Freddo? Dieci piatti che vi scalderanno. Oh, se vi scalderanno

da | Feb 5, 2015

Neve? Freddo? Ghiaccio? È l’inverno baby. In questi giorni basta mettere il naso fuori di casa per avere immediata voglia di un focolare e un cibo caldo, molto caldo, di quelli che – appunto – fanno tanto inverno.

E poiché PapilleClandestine è un blog di servizio, abbiamo selezionato per voi i dieci cibi più ustionanti al mondo. Questi qui vi scalderanno, oh, se vi scalderanno, grazie al famoso effetto palla di fuoco a 18mila gradi.

Gulasch1) Gulash

Zuppa-simbolo dell’impero austroungarico, più si va ad est più assume consistenza brodosa.  Oltre a raggiungere temperature vicine a quella della superficie del sole, questa delizia delle pianure pannoniche asfalta il palato con la sua generosa dose di paprika. Ma il vero tocco sadomaso è rappresentato dai meteoriti di carne che vagolano nel liquido, e che non appena schiacciati fra i molari sprizzano getti di olio bollente fra le gengive già ustionate.


zuppa_valdostana

2) Zuppa valdostana

Fa freddo in Val d’Aosta, eh? Tutte quelle montagne e quella neve. Per riscaldarsi i valligiani hanno inventato questa ricetta a base di pane, brodo, verza e formaggio.
Proprio il generoso strato di toma ne è croce e delizia: la sua funzione è essenzialmente coibentare il magma sottostante, mantenendone il calore su valori prossimi a quelli del nocciolo di Fukushima.
Il tutto viene solitamente servito nelle ciotoline di coccio, un materiale che già gli etruschi usavano per costruire i forni dove scioglievano il ferro dell’Elba.


lasagne

3) Lasagne

La ricetta della nonna prevede un multistrato rovente che resta in forno un tempo indeterminato, ma sufficiente a sublimare la pasta dallo stato solido allo stato gassoso. Qualsiasi tempo di attesa è insufficiente: resisterà sempre uno strato caldissimo, e ovviamente vi accorgerete dell’errore solo quando sentirete la colata di besciamella evaporare direttamente sul vostro palato.
Vi è inoltre un aggravio: la lasagna casalinga non viene mai via in porzioni inferiori al mezzo chilo, non vorrete mica dire di no alla nonnina?


Polenta-e-salsiccia4) Polenta al sugo

La farina di mais cotta è un pessimo termoconduttore: questo piatto è in grado di raffreddarsi esternamente in pochi istanti. Esternamente, appunto: basterà scavare col cucchiaio fino a raggiungere il nucleo per scoprire quanto subdolamente l’interno resti intorno ai 370 gradi Kelvin.
A questo punto la salsiccia rimasta camuffata nel pastone sarà lieta di esplodervi in bocca tutti i suoi succhi ustionanti non appena la metterete sotto i denti.


toast5) La sottiletta del toast

Il toast è canonicamente freddo. Anzi, per essere esatti, è caldo fuori e freddo dentro. È qui che sta tutta l’efferatezza di questo alimento, in grado di scegliere accuratamente la propria vittima.
Il malcapitato è di solito un mangiatore di toast seriale, che si è abituato a mordere il sandwich dell’autogrill mezzo congelato senza prestare troppa attenzione al rischio termico. Il toast fiuta una lingua fresca da ulcerare e appena posato sul grill elettrico inverte la polarità abituale, restando freddo fuori e scaldandosi internamente: ciò porta alla fusione della sottiletta, che come è noto è già di suo un formaggio fuso. Doppia fusione col fiocco, e per il malcapitato sono dolori.


Involtini_primavera

6) Involtini primavera

Gli involtini primavera si portano dietro duemila anni di furbizia orientale. Più sono appetitosi più sono bastardi, perché quello che ti frega è proprio quell’invitante crosticina dorata, fritta-fritta-fritta che fa croc.
Già, ma ragiona: perché è così dorata? Ovvio, è rimasta a friggere in olio di arachidi sconosciuto a 180° per mezz’ora almeno. Il ripieno a questo punto comincia a modificare la propria struttura molecolare, passando dal tradizionale “verdure-carne” al meno gustoso ma più caldo “plasma solare”. Ci vogliono ore prima che l’involtino primavera sia commestibile, e pare che sia proprio per evitare tale trappola che i giapponesi decisero di mangiare solo pesce crudo.


Pizza-col-salame

7) La pizza sotto la fetta di salame

Salame piccante, possibilmente.
Il meccanismo è semplice: la pizza cuoce rapidamente grazie ai 400° del forno a legna, il formaggio fonde e il grasso del salame si liquefà.
Una volta nel piatto la pizza comincerà a raffreddarsi. Tutta? No. Protetta dall’estemporanea coperta suinesca, la mozzarella sotto la fetta di salame resterà rovente pronta a spalmarsi sulla mucosa linguale al primo morso.


indivia_col_prosciutto

8) Involtini di indivia e prosciutto

(Uno dei piatti tipici di mia suocera, e già questo dovrebbe mettervi in guardia) Prendi un’indivia, la porti vicino alla fusione con la fiamma ossidrica (si può usare anche un altoforno, di quelli per la ghisa e l’acciaio), la avvolgi con una fetta spessa di prosciutto e rimetti tutto a gratinare dopo aver spolverato con abbondante emmenthal rapé. Nel freddo inverno del 1903 una teglia di indivie foderate mantenne il calore per tre settimane, il fenomeno venne registrato ufficialmente dalla Royal Geographical Society.


prugne-col-prosciutto

9) Prugne nel prosciutto

Grande classico da aperitivo e immensa tortura. Unisce due alimenti dalle diverse proprietà termiche: la prugna secca è in grado di assorbire calore, il prosciutto è un noto isolante.
Il tocco fatale è lo stecchino: ustionato dal primo morso, il malcapitato è preda di un raptus di dolore incontrollato che lo porta fatalmente a conficcarsi lo stecchino fra labbro e gengiva.


farinata10) Farinata

Un miscuglio di farina, acqua e olio – tanto olio, tantissimo olio – cotto in un forno a più di trecento gradi su un testo di rame: tutto congiura, è evidente.
Nei gelidi giorni di tramontana scura i rivettatori dei cantieri navali genovesi erano usi poggiare una fetta di farinata direttamente sul metallo da battere, in modo da risparmiarsi la fatica di portarlo al calor bianco.

Autore

Giulio Nepi

44 anni, doppio papà, si occupa da aaaaanni di comunicazione web. Genovese all’anagrafe ma in realtà di solide origini senesi, ha sposato una fiamminga francese creando così un incasinato cortocircuito di tradizioni enogastronomiche

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