Per il periodico La Madia Travelfood ho messo a confronto, nel numero di novembre, i prezzi di alcuni piatti tra nord, centro e sud. Riporto qui alcuni stralci dell’articolo.
Avere 150 anni e ancora non sentirli. No, non stiamo parlando di un record di longevità. Stiamo parlando dell’Italia. Garibaldi e Mazzini, Cavour e Vittorio Emanuele II, cosa penserebbero, 150 anni dopo l’unità, dell’Italia di oggi? Inutile negarlo, il nostro Paese la vera unità deve ancora trovarla, e forse non la troverà mai. Tra derive federaliste, utopie secessioniste, differenze culturali ed economiche, nord e sud sembrano ancora due Italie troppo diverse da raccontare. E intanto resistono i cliché, imperituri, stile anni ’60, del meneghino lavoratore indefesso e del romano cicala pigra e caciarona, del veneto solo fabbrica e famiglia e del napoletano che conosce a memoria tutta l’enciclopedia dell’arrangiarsi. Ma non siamo qui a ripercorrere storia e sociologia del Belpaese, né a cercare la linea di Cassino del 2010. Già, parliamo solo di cucina. Parliamo di prezzi, di quanto costi mangiare fuori al ristorante. E la divisione nord – sud ritorna alla ribalta. Basta osservare qualche dato, per notare una certa divisione. Partiamo dai dati Istat.
Da www.osservaprezzi.it, sito del Ministero dello Sviluppo Economico, abbiamo tratto alcuni prezzi registrati a luglio 2010 in 9 città italiane, 3 del nord (Milano, Torino, Venezia), 3 del centro (Roma, Firenze, Bologna) e 3 del sud (Napoli, Bari, Palermo). Si tratta di 15 prodotti alimentari comuni, dal pane al burro, fino a carne fresca, riso e tonno in olio d’oliva, dei quali l’Istat registra mensilmente i prezzi (minimi, medi e massimi): il prezzo medio nelle tre città del nord per acquistare i 15 prodotti è di 100,28 euro; al centro si scende a 94,36 euro, al sud a 88,78 euro. L’Istat, dunque, certifica in qualche modo una sensazione che tutti hanno: al sud (e in parte al centro) la vita costa meno che al nord. Certo, non si tratta di dati precisi e affidabili al 100%, ma sono validi, almeno, per registrare una tendenza. Sempre dall’Istat, prendiamo in considerazione un altro paniere, formato questa volta esclusivamente da prodotti ortofrutticoli. Le differenze sono ancora più marcate: la stessa spesa, al nord costa 18,90 euro, al centro poco meno (17,91), al sud solo 13,63 euro (con un risparmio acclarato dall’Istat del 28%).
E al ristorante?
La domanda è questa: e al ristorante? A parità di qualità, è vero che si spende meno al sud che al nord? Non è facile fare certe comparazioni. Troppe le componenti che interagiscono nella determinazione dei prezzi. Ma ci proviamo lo stesso. Noi siamo partiti da una guida enogastronomica nazionale (I Ristoranti d’Italia 2010 dell’Espresso), e abbiamo suddiviso i locali in tre fasce di qualità: i locali che hanno ottenuto un voto tra 14 a 15.5, quelli tra 16 a 17.5 e quelli tra 18 a 19.5 (il giudizio dell’Espresso, che valuta esclusivamente la cucina, è espresso in ventesimi), prendendo di ognuno il prezzo segnalato in guida (che comprende un pasto medio composto da antipasto, primo, secondo e dolce). I risultati sono riassunti nella tabella. E confermano ancora la tendenza dell’Istat: anche al ristorante, il sud è più vantaggioso del nord. Qualche esempio? Gli 86 locali della Lombardia compresi nel giudizio 14-15.5 hanno un costo medio di 70 euro. Nella stessa fascia di qualità, andare a mangiare fuori in Veneto costa 68 euro, in Liguria 70, in Toscana 66, nelle Marche 55, in Lazio 69, in Abruzzo 50, in Campania 59, in Sicilia 50. Salendo di qualità (fascia 16-17.5), i locali recensiti diminuiscono, e, inevitabilmente, la comparazione può essere meno significativa. Però, i 18 locali della Lombardia in questa fascia hanno un prezzo medio di 102 euro, in Piemonte (16 locali giudicati) si scende a 88 euro, in Toscana (11) si sale a 102, nel Lazio (7) siamo a 101, in Campania (14) a 89, in Sicilia (4) a 80.
Come al ristorante: scegliendo qualche piatto…
E allora, facciamo finta di sederci a tavola, e scegliamo qualche piatto. In questo caso, la comparazione è ancora più difficile. Ma è innegabile che un crudo di scampi (o gamberoni), le linguine di Gragnano ai frutti di mare, una bella costata o un pescato del giorno siano nei menu di tantissimi ristoranti, dai stellati fino alla trattoria sotto casa senza tante pretese. Noi, ovviamente, abbiamo scelto locali apprezzati, famosi, ben giudicati dalle guide enogastronomiche nazionali.
L’antipasto di crostacei
Per un crudo di scampi della Peca di Lonigo, grande ristorante della famiglia Portinari, occorrono 40 euro. Gli scampi scottati in emulsione al mandarino e insalatine aromatiche di Paolo e Barbara (Sanremo) sono in carta a 49 euro. Andrea Berton nel suo Trussardi alla Scala (Milano) propone i Gamberi rossi di Sicilia crudi e cotti, amaranto croccante, olio di oliva taggiasca, gelato alla barbabietola a 48 euro. Al Pagliaccio di Anthony Genovese (Roma) i gamberi rossi crudi, yogurt, barbabietola e semi di basilico, sono a 40 euro. Costano meno i gamberi rossi crudi al sesamo, pesca, sedano, crema di bottarga, spaghetti di soba e croccante di bric del Glass Hostaria di Roma: solo 20 euro. Gli scampi crudi all’arancia con vinaigrette di pomodori gratin della Madonnina del Pescatore di Moreno Cedroni (Senigallia) vengono 35 euro. E al Sud? In Campania, il crudo di gamberi di nassa con cous cous di verdure, tartare di ricciola alla lavanda, tonno con cetrioli del Relais Blus di Massa Lubrense è proposto a 20 euro, mentre la Taverna Estia di Brusciano offre il crudo di scampi, mela verde, cipollotto croccante e bottarga di tuorlo d’uovo essiccato a 26 euro. In Sicilia invece, per il battutino di crostaceo, maionese di bottarga di tonno e olio al mandarino della Madia di Pino Cuttaia (Licata) occorre spendere 26 euro. I gamberoni rossi dello stretto su letto di cedro ed arance con olio d’oliva dei Monti Iblei allo speck di Casa Grugno di Taormina, infine, costano 30 euro.
La pasta di Gragnano
Se Garibaldi non ha unificato del tutto l’Italia, la pasta di Gragnano ha colto l’obiettivo. La si trova ovunque, ed è sinonimo di grande qualità. Per le classicissime linguine di Gragnano alle vongole veraci italiane e zucchine di Paolo e Barbara occorrono 30 euro. Antonino Canavacciuolo (Villa Crespi) propone le linguine di Gragnano con calamaretti spillo, salsa al pane di Fobello a 35 euro. Schuman a Ispra ha in carta le linguine di Gragnano con pescato del giorno a 25 euro. Gli spaghetti affumicati alle vongole e datterini alla griglia di Uliassi vengono 25 euro, stesso prezzo dei paccheri di Gragnano con seppia e totano di salsiccia ed erbe con fonduta al limone della dirimpettaia Madonnina del Pescatore. I fusilli di Gragnano con vongole, carciofi e guance di pesce di Gennarino Esposito alla Torre del Saracino sono a 26 euro, mentre i mezzi paccheri di Gragnano al ragù di scorfano e peperoni del Relais Blu costano 20 euro e le mezzanelle di Gragnano con ragù di pesce in bianco olive nere e finocchietto selvatico del Buco 18 euro. A Taormina, Pietro D’Agostino, chef de La Capinera propone i mezzi paccheri Vicidomini con scampi, vongole veraci locali e pomodorini al forno a 18 euro.
Un secondo di pesce: il pescato del giorno
Passiamo al pesce. Il branzino all’acquapazza radicchio di campo con pomodorino cherry dell’Hotel Villa del Quar Arcade di San Pietro in Cariano è in carta a 40 euro. Enrico Bartolini nel suo nuovo ristorante (Devero) propone il pescato del giorno al forno con verdure ai profumi del Meditarraneo a 32 euro. In Liguria, l’hotel Meridiana Rosmarino offre il pescato del giorno cotto al cartoccio profumato all’erba limoncina, pesto di fagiolini verdi, vongole e semolino fritto a 36 euro, mentre servono 28 euro per il pescato del giorno arrostito sulla pelle, peperoni bruciati e condiglione di pomodori cuore di bue dell’Arco Antico di Savona. Non siamo sul mare, ma è grande la cucina di Arnolfo, chef Gaetano Trovato, a Colle Val d’Elsa (Toscana). Anche nei prezzi: il branzino, taccole, mango e vaniglia costa 50 euro. Nell’Appennino Tosco Emiliano, Paolo Teverini (Bagno di Romagna) propone il trancio di rombo e verdure mignon, cotto al profumo di sale di Cervia e aromi del bosco a 28 euro. Il trancio di ombrina al vapore con olive Taggiasche, arancia e cicoria arrostita di Bistarelli, nel suo Postale, vale 28 euro. Uliassi decanta la sua spigola d’amo, verdure baby, zuppa di topinambur e chantylli al limone a 35 euro. In Emilia, Aurora Mazzucchelli nel Marconi (Sasso Marconi) offre il branzino cotto al sale naturale di Cervia con infuso di sedano e Bottarga (Marconi) a 30 euro. Al Bacco di Bari, il trancio di pescato in guazzetto di verdure e di molluschi costa 22 euro. In Sicilia, per il pescato d’amo con acqua di mare prezzemolata de La Madia occorrono 26 euro, per il pescato del giorno in umido con polpettine di scampi, funghi e the affumicato de La Gazza Ladra di Modica 22 euro e per il trancio di ricciola arrosto con punte di asparagi, pomodori essicati e melanzane al cioccolato de La Capinera 21 euro.
Ricapitolando…
Per un pranzo al nord, inizio dal crudo di scampi della Peca, passo dalle linguine di Gragnano alle vongole veraci italiane e zucchine di Paolo e Barbara e finisco con il pescato del giorno al forno con verdure ai profumi del Meditarraneo di Enrico Bertolini: fanno 102 euro. Mi sposto al centro. Nella Capitale assaggio i i gamberi rossi crudi, yogurt, barbabietola e semi di basilico di Anthony Genovese, poi da Uliassi mi gusto gli spaghetti affumicati alle vongole e datterini alla griglia, e chiudo con il trancio di ombrina al vapore con olive Taggiasche, arancia e cicoria arrostita di Bistarelli. Il conto? 93 euro. E al sud? Non posso che iniziare dal battutino di crostaceo, maionese di bottarga di tonno e olio al mandarino della Madia di Pino Cuttaia. Poi, a Taormina, Pietro D’Agostino mi fa assaggiare i mezzi paccheri Vicidomini con scampi, vongole veraci locali e pomodorini al forno, a Modica, alla Gazza Ladra, mi gusto un pescato del giorno in umido con polpettine di scampi, funghi e the affumicato. All’addition, me la cavo con 66 euro.