Non bisogna essere dei geni per fare il packaging, ma aiuta

da | Set 22, 2011

cestello acquaIo bevo l’acqua del sindaco, per cui sono uno di quelli che non compra l’acqua in bottiglia. Quando i parenti francesi vengono a trovarci la prima cosa che chiedono, visto che il palazzo non ha l’ascensore, è “ma come fate con l’acqua”. Gli spiego che usiamo delle cose strane, chiamate rubinetti, e mi accerto che non le confondano con quell’altra cosa strana chiamata bidet.

Ciò non toglie che anche a me capita ed è capitato di comprare il famigerato cestello da sei bottiglie da uno e mezzo e di farci le scale. Tipo per fare il biberon del pupo, o tipo per nutrire la macchina del caffè – scassapalle quale sono, oltre alla miscela scelta personalmente dal torrefattore, controllo anche la durezza dell’acqua.

Ci sono due momenti imbarazzanti nel mio rapporto con il cestello da 9 chili di Alpi Cozie naturale.
Il primo è alla cassa del minimarket. Che soprattutto quando compri solo quello non sai mai se metterlo sul nastro, che pesa e i cassieri ti guardano malissimo, oppure no; ma allora non avendoci niente sul nastro rischi che comincino a battere la merce del tipo dietro di te, che così ti supera proprio sul traguardo.
Il secondo è come fare i trenta metri che mi separano dal portone. Perché è noto: le manigliette dei cestelli ti segano le dita entro due minuti. Magari non come i vecchi sacchetti della coop – quelli che si stiravano immediatamente e diventavano dei fili d’acciaio che ti bloccavano la circolazione – ma subito dopo ci sono loro.

Questi due problemi sono stati brillantemente risolti. Non da me e non qui, ma ecco la foto che ho scattato in un supermercato francese.

Il manico del cestello è una sottilissima striscia di quel materiale con cui si fanno i tappetini per il campeggio o per le palestre, credo sia polietilene espanso o qualcosa di simile, incollato sulla faccia inferiore di un nastro di plastica. Il nastro regge il peso, e lo strato ammortizzante è estremamente efficace, annullando l’effetto sega-dito.

E quando sei alla cassa?
Il cestello resta nel carrello, basta staccare l’adesivino rotondo semiappicciato alla confezione e darlo alla cassiera: dietro c’è il codice a barre. Nessuna fatica e tutti contenti.

Ora: ma quanto sono semplici queste idee?
Ci voleva proprio un francese per inventarle?
Metti che magari comportino un aumento del prezzo finale anche di un 20 centesimi (di più non ci credo), ma vuoi mettere la gioia del consumatore?

Non essendo esperto di bottiglie d’acqua sono andato a controllare al minimarket, ma queste cose non le ha nessuno, nemmeno le marche più commerciali, nemmeno quelle che fanno plin plin, parlano con gli uccellini o abbandonano particelle di sodio nelle bottiglie.

Se il signor Alpi Cozie sta leggendo questo post, si senta pure libero di copiare queste ideuzze. Noi non faremo la spia, promesso.

Autore

Giulio Nepi

44 anni, doppio papà, si occupa da aaaaanni di comunicazione web. Genovese all’anagrafe ma in realtà di solide origini senesi, ha sposato una fiamminga francese creando così un incasinato cortocircuito di tradizioni enogastronomiche

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