Il mio mini-papillo all’asilo si trova bene. Ci va volentieri, non piange, non rugna, insomma tutto fila liscio. Il problema è semmai il papillo senior, che alla lettura del menù propinato all’erede si è *leggermente* innervosito. Il trionfo del carboidrato: pizza pasta pane, pane pasta pizza. Un giorno c’è addirittura la combo pasta all’olio + patate lesse. Carne rossa? Assente del tutto. Pesce? Una volta al mese (e i bastoncini fritti). Legumi nobili nisba.
Uno si sbatte per educare il pupo a mangiare di tutto e questi mandano in frantumi i tuoi sforzi.
E poi leggo che i cugini francesi hanno appena deciso per decreto cosa deve finire nei menù delle mense scolastiche, proteina per proteina, calcio, ferro e zinco calcolati al milligrammo.
Il provvedimento data 3 ottobre e interessa circa sei milioni di bambini, tutti quelli che frequentano mense con più di 80 posti. Ogni ciclo di 20 pasti deve includere almeno quattro piatti di carne e altrettanti di pesce: sono previsti anche primi a base di uova o formaggio – addirittura a base di frattaglie – e un apporto quotidiano di calcio sotto forma di prodotto caseario.
Imponente la rivolta dei vegetariani francesi: ben venti di loro erano a manifestare la scorsa settimana sotto al Ministère de l’Agriculture. In pratica, essi dicono, sarà impossibile educare i propri figli al vegetarianesimo (in Francia i vegetariani sono circa un milione, il 2% scarso di una popolazione perdutamente innamorata di cassoulet, rognons, charcuterie e camembert).
Solo che. Solo che la Francia non è l’Italia, e per quanto possano starci sull’anima hanno un’amministrazione efficiente – soprattutto se paragonata alla nostra. Quanto meno, fanno le cose con pacifico buonsenso; tipo che per definire queste strategie alimentari si sono appoggiati ad esperti e hanno stabilito dei piani nutrizionali nazionali.
Per cui è andata a finire che dal Ministero (che di secondo nome si chiama de l’alimentation) hanno fatto spallucce rispondendo né più né meno che i dottori dicono che bisogna mangiare questo, e che questo va mangiato (c’è anche da ricordare che i francesi credono positivisticamente alla regolazione della vita stabilita dalla scienza, qualunque scienza – non per nulla fanno i miliardi con l’omeopatia e hanno regolato con dignità di legge osteopati e compagnia bella).
A me un po’ dispiace per i vegetariani francesi (anche se i vegetariani mi ricordano una battuta di Woody Allen, “ho smesso di fumare: vivrò una settimana di più e quella settimana pioverà a dirotto”). Mi dispiace perché sono italiano e sono abituato che quando lo Stato decide di regolare la mia vita, lo fa con criteri a cazzo che finiscono solo per creare casini, e quindi guardo con sospetto ogni interferenza regolatoria.
Però. Però mi piacerebbe che anche noi avessimo una politica nazionale su queste cose. Magari discutendone, e – via, concediamolo – senza eliminare i poveri vegetariani. Ma che sia una politica. E voi?
Il problema è che normalmente in casa dei vegetariani non vige per gli altri lo stesso rispetto che loro trovano quando vanno da altri. Probabilmente i figli di questi vegetariani non avranno le stesse opportunità oggettive di base di considerare la carne ed il pesce come un alimento parificabile ad un altro, la vivranno in modo distorto per colpa di quegli stessi genitori che vanno a manifestare. Del resto, è lo stesso che a parti inverse avviene a casa mia dove un giorno si e uno no si griglia qualcosa sulla brace e non son porri.
Liberi loro di manifestare, libero il governo di indicar loro la via dello sfanculio.
Che ognuno mangi quello che ama, a scuola non si è in casa e due regole alle mense è meglio che siano in linea con criteri d'interesse generale più che particolare. Se un domani saremo tutti vegani e 2 o tre suicidi ancora carnivori, invertiremo i pesi ma per ora non è così, mi pare.
Questo post mi ha anche ricordato che devo mangiare molto formaggio di capra, al più presto.
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Scusate il commento fuori tema, ma quell'accenno a "qualunque scienza" mi fa rabbrividire.
Al di là di questo trovo assolutamente corretto applicare dei rigorosi criteri alla gestione dell'alimentazione dei bambini. Ben venga poi la possibilità di offrire alternative ugualmente equilibrate per chi non mangia questo o quell'altro per ragioni etiche, religiose, di intolleranze e via dicendo.
Scusate il commento fuori tema, ma quell'accenno a "qualunque scienza" mi fa rabbrividire.
Al di là di questo trovo assolutamente corretto applicare dei rigorosi criteri alla gestione dell'alimentazione dei bambini. Ben venga poi la possibilità di offrire alternative ugualmente equilibrate per chi non mangia questo o quell'altro per ragioni etiche, religiose, di intolleranze e via dicendo.
Io non credo che lo stato italiano dia dei regolamenti a cazzo (cioè non sempre). La legge italiana è tra le migliori al mondo, quella sulla tutela delle mamme lavoratrici durante la gravidanza, 1204/71 e successive integrazioni ad esempio, è forse la migliore al mondo. Quello che spesso le rovina sono interpretazioni e applicazioni, su questo sono d'accordo.
Il nostro Ministero della salute pubblica tabelle e quant'altro sull'argomneto, poi ammetto la mia ignoranza,ma non avendo figli non so cosa arrivi come indicazioni nelle scuole.
So da alcuni colleghi che in certe scuole il cibo proposto sia il risultato di uno studio attento e venga concordato con i genitori in fase di opianificazione annua. Ma so anch e che in altre tutto ciò non avviene. Come spesso accade la buona pratica è frutto di iniziative a livello personale.
Come discorso alimentare generale quelloche noto è che spesso grandi e bambini non abbiano coscienza di cosa e quanto ingurgitano e che spesso più che nutrire lo stomaco molti nutrono l'anima, con le conseguenze positive e negative che ne conseguono a seconda di come viene fatto.
Non a caso i disturbi alimentari sono uno dei problemi di questa epoca. Gratificarsi sì, supplire con il cibo a certe carenze invece può essere pericoloso.
cara daniela, la legge sulla gravidanza è effettivamente eccezionale, nel senso proprio del termine. per il resto penso invece che lo stato, questo stato, abbia leggi farraginose, spesso incomprensibili e vessatorie. ma su questo potremmo discutere a lungo andando rapidamente OT.
come dici te, ci sono effettivamente situazioni differenti da scuola scuola. parlando con una collega che aveva letto il post, mi raccontava come nel suo asilo (statale) ci sia un controllo dei genitori sul menù con una specie di comitato mensa (mi raccontava di una tragicomica "battaglia delle seppie").
quello che gradirei da parte di chi gestisce la res publica è che venisse data un'indicazione a cui tutti debbano in qualche modo riferirsi, con tutte le distinzioni di cultura alimentare del caso. cioè, non esiste che se il mio asilo è privato o comunale o statale ci siano regolamenti diversi. avrei anche da discutere sul comitato mensa, perché sappiamo che in genere i compromessi si fanno al ribasso, mentre qui ci vorrebbe qualcuno che arriva e dice "io sò lo stato, questi sò li testi scientifici, e mò fate acussì". e mi rimette le seppie coi piselli nel piatto.
quanto ai disturbi alimentari, per come la vedo io è un problema di cultura alimentare ampio, dove i principali soggetti da educare sarebbero i genitori, non i bimbi.