Sarà che è una ricetta viennese, patria della psicanalisi moderna, ma c’è qualcosa di freudiano nel rapporto fra i pasticcieri italiani e la Sachertorte. Archetipo al cacao piantato nel Über-Ich di ogni goloso, questa soffice alchimia a base di cioccolato e marmellata evoca immancabilmente una pletora di sensazioni dolci.
Immancabilmente ma erroneamente. Perché la chiave del successo mondiale della torta Sacher – al netto del marketing del mito – è invece il suo equilibrio perfetto. Non troppo cioccolatosa, non troppo zuccherosa, nulla di sbracato insomma: un gioiellino sospeso fra austerità e peccato, inamidati pizzi biedermeier e sensualità klimtiana. Un tuffo nella felix Austria del diciannovesimo secolo.
Questo a Vienna. Perché invece il vostro pasticciere sotto casa, nove volte su dieci – ma potrei arrischiare anche una percentuale più alta – ha pensato che con quegli ingredienti la sua Sacher non poteva non essere il trionfo del dolce, dell’abboccato: una banale somma di addendi.
Non c’è proprio verso. Ormai da anni mi incaponisco a cercare un accettabile surrogato di Sachertorte qui nella mia città (già di suo non una capitale della pasticceria italiana), come credo faccia chiunque porti il sigillo di quelli-che-hanno-mangiato-l’originale, ma per ora sono solo riuscito a isolare i tre peccati capitali della Sacher nazionale. Eccoli, in ordine di gravità.
1) Il Rum
Alcuni pasticcieri proprio non riescono a considerare il cioccolato senza il rum. Soprattutto sembra quasi impossibile resistere alla tentazione di ammappazzare il pan di spagna al cacao, naturalmente senza neanche la misura di andarci leggeri.
Risultato: la Sacher ha una consistenza pari alla neve di marzo sulla pista del rientro nel pomeriggio, e i tre litri d’alcol presenti vi tirano una mazzata alle tempie che ricorderete a lungo.
E comunque per inciso: nella Sacher il rum non ci va. Punto.
2) La marmellata
La marmellata invece ci va, diobono, ma con giudizio. Per dire, non vanno bene quei tre centimetri di farcitura di zuccherossisima confettura di albicocche (specifico, perché ne ho assaggiate anche con quella di arance).
Risultato: vi rendete conto che la Sacher è al cioccolato solo perché la torta è marrone, per il resto sembra di mangiare un albero di albicocche dopato di glucosio. Effetto sete del Sahara quasi immediato.
3) Il cioccolato
Parlo naturalmente della consistenza dello strato di cacao che tutto ricopre. Lo metto al terzo posto perché più che un’incomprensione di fondo qui siamo di fronte ad un’imperfetta calibratura nel temperare il cioccolato.
Risultato: la vostra torta Sacher sembra ricoperta da un’intonacatura alla nutella oppure da un guscio da spaccare col martello.
Io naturalmente non mi do per vinto e come Diogene continuerò a cercare il mio surrogato italiano della torta Sacher.
Peraltro, a un prezzo che è “soltanto” il doppio di quella che vi vende il vostro pasticciere sotto casa, il signor Sacher vi spedisce quella originale direttamente da Vienna. Magari once in a lifetime vale la spesa (e mi raccomando, niente zucchero nella panna montata).