Il paese che non c’è

da | Feb 25, 2011

Ci sono i borghi più belli, i paesi del cuore, le città con le bandiere arancioni ma non esiste ancora un simbolo che identifichi i paesi che non ci sono o meglio quelli che esistono solo per chi ci arriva per caso, che poco a poco scompaiono. Redondesco, paese della provincia di Mantova, è quello che più assomiglia al paese che non c’è. Ci sono arrivato la mattina di giovedì scorso, quattro case di cui due disabitate, una piazza come ogni paese italiano e all’improvviso qualcosa di più: un alto muro di cinta, una merlatura perfetta, imponente, la torre che occupava tutto lo sguardo, e un continuo di pietra su cui si aprivano antiche feritoie.

Redondesco in una tenue luce primaverile poteva essere un paese della Bretagna, una fortezza persa nel tempo. Invece, semplicemente nulla oltre quattro cartelli e un bar di fronte all’ingresso del maniero (oggi sede del Comune e di alcuni uffici che si perdono nel grande cortile) con quattro anziani che come nella più scontata tradizione italiana giocano alle carte con una ragazza cinese che porta i caffè. “Il paese sta morendo, i giovani vorrebbero restare ma qui non c’è niente da fare”: così mi ha detto una commerciante, la proprietaria di uno dei tre alimentari del paese. In effetti qui, in una delle province più ricche d’Italia, tutto sembra immobile, destinato a sparire, tra l’incuria, la non conoscenza e la voglia di restare isolati.

Redondesco e il suo castello che – racconta sempre la commerciante – ha ancora delle sale affrescate, ma nessuno ci entra più perché non sono agibili. Poi la chiesa quattrocentesca dal portale finemente intarsiato e appena fuori dall’abitato una pieve romanica del 1100 piccola e magnifica, piantata in mezzo alla campagna, che nelle sue pietre conserva ancora le scritte irriverenti dei lanzichenecchi. Redondesco è il paese che non c’è e forse non ci sarà più se non si interviene in fretta perché il castello ha i muri coperti di muschi e alla sua pieve si arriva attraverso una strada che diventa fango e pozzanghere alle prime piogge. Perdonatemi se con questo post sono uscito fuori tema, eppure volevo raccontarvi il fascino per quelle pietre in mezzo alla campagna immobile da mille anni e l’incapacità tutta italiana – come in un cliché talmente scontato che sembra impossibile crederci – di dormire su una pentola d’oro.

Per chi volesse visitare questo stralcio di arte assoluta – e lo consiglio, eccome – non ho purtroppo segnalazioni da fare: non ci sono agriturismi di rilievo, ristoranti, negozi specializzati tra queste case. C’è però una casa, splendida, con un cartello vendesi proprio di fronte al castello che nessuno visita. E Redondesco aspetta qualcuno che vada a salvarla (o almeno ci provi).

Autore

Fabio Molinari

L’unica persona sera in questa gabbia di matti. È un po’ che non scrive su Papille, ma ci ha lasciato bellissimi pezzi su vini, posti in giro per l’Italia e cazzabubole

Leggi gli articoli correlati

Articoli correlati

Dell’anno nuovo

Dell’anno nuovo

È sempre la stessa storia. Mentre il cielo vibra di petardi e fuochi d'artificio, ognuno accende con se stesso un tricche tacche di buoni propositi che già sappiamo di non poter mantenere. Quest'anno poi la data è perfetta. Il primo giorno del primo mese dell'anno...

Foodblogger con le foto fighette, vi odio

Foodblogger con le foto fighette, vi odio

Domenica di Pasqua, interno giorno. Scarto il sacchetto del macellaio e alle ore 9.30 ho già la netta impressione che qualcosa andrà storto. Il carrè di agnello è chiaramente troppo piccolo. Inoltre non è lavorato, mi devo mettere a tagliare e sfilettare per dargli un...