È sempre la stessa storia. Mentre il cielo vibra di petardi e fuochi d’artificio, ognuno accende con se stesso un tricche tacche di buoni propositi che già sappiamo di non poter mantenere.
Quest’anno poi la data è perfetta. Il primo giorno del primo mese dell’anno nuovo casca di lunedì. Dovrebbe essere legge, questa coincidenza. Ogni anno dovrebbe cominciare di lunedì. Anzi, ogni mese. Tredici mesi da 28 giorni. Così sarebbero contente pay tv e operatori telefonici, e con loro tutti gli ossessivi compulsivi come me.

Sul tavolo c’è ancora l’etichetta blu dello Champagne Pommery acquistato col 25% di sconto al supermercato proprio al gong del vecchio anno, strumento per il mio brindisi (anticipato alle 23.30, perché avevo sonno). Ed io comincio a scrivere le mie promesse su un foglio a quadretti, di brutta, per non prenderle troppo sul serio.

Comincio dalla salute. Dieta, certo, e mangiare più sano. Qualche birra e cocktail in meno, e più calcetto papillo. Passo poi ai capisaldi della quotidianità. Lavorare meno? Proviamoci, anche razionalizzando meglio il tempo. Più tempo con le bimbe, e meno pigrizia. Più letture cartacee e meno digitali.

Passo infine proprio a questo blog che, seppur in catalessi, resiste anche senza troppe attenzioni, quasi fosse una pianta grassa. In fondo, è stato la scintilla di tante cose. Compreso un’associazione culturale che fa cose e vede gente, organizza il GBF, catalizza un gruppo di volontari fantastico. Dai, (me) lo prometto. Scriverò di più, provando ad essere meno scontato dei miei propositi e non incline al doroteismo.

E buon anno papillo a tutti. Anzi, non a tutti. Nulla di buono mi va di augurare ai fasci, ai detrattori dello ius soli e a chi s’abbuffa agli apericena. Ora vado, che devo correre.