Genova non brilla in molti campi. Tra questi, senz’altro, c’è l’incapacità di conservare tracce e memoria di un periodo storico importante per la città: quello della sua industrializzazione. Ricordate il GeMiTo, il triangolo industriale, l’Ilva e l’Ansaldo, il grande porto?
La dismissione e riqualificazione (?) della vasta area della Fiumara, un tempo destinata all’Ansaldo, ha creato quel complesso (già) cadente e alienante del centro commerciale+multisala+palazzetto multifunzione+grattacieli(2).
La riconversione, in atto, di buona parte degli spazi prima in uso all’Ilva e al suo altoforno, tra Cornigliano e Sampierdarena, sta procedendo di buona lena. E in attesa di scoprire cosa sorgerà in quest’area, non c’è più alcuna traccia del passato.L’idea, sostenuta da qualche professore e intellettuale cittadino (tra cui mi ricordo lo scrittore Maggiani), di conservare il grande gasometro dietro Villa Bombrini, sul modello di quanto fatto a Oberhausen (lì il vecchio gasometro è stato mantenuto e trasformato in area espositiva e culturale) e in altre città (Roma, Firenze, per esempio) è stato seppellito in un mare di “impossibile“, “troppo costoso“, “inutile“, “memoria dolorosa“, “intralcio alla riqualificazione dell’area“.
La scorsa settimana sono passato in nell’area di Campi, anche questa oggetto di trasformazione, anche questa priva di qualsiasi rimando al suo glorioso passato industriale. Anzi, no, una memoria c’è, ed è una vecchia pressa collocata nel piazzale antistante il magazzino Leroy Merlin (ex Castorama).
Una vecchia pressa, solida e arrugginita, è l’emblema del lavoro. Ma qualcuno ha pensato bene di RIVERNICIARLA, di VERDE. Esattamente lo stesso verde di Leroy Merlin. E proprio nei giorni in cui il magazzino è stato inaugurato. Eccheccazzo! Che vergogna! Abbattere la memoria è un percorso triste e spiazzante, è un omicidio alla città, ma piegare la memoria a marketing commerciale è qualcosa di più: è omicidio aggravato con vilipendio del cadavere.
P.S: Prima di scrivere questo post ho cercato su internet riferimenti alla vicenda della pressa. Ho trovato questo breve articolo di Repubblica, nel quale gli autori dell’obbrobrio (il Consorzio delle società di Campi) fanno un doppio lavoro di pennello: sulla pressa e sulla loro coscienza.