Andare in un posto, mangiare molto bene, spendere tutto sommato il giusto, e rimanere con un senso di fastidio che già scatta l’anatema del lunedì anche se è appena domenica a pranzo.
Mi è capito di recente, in un ristorante dell’astigiano, di cui parlerò altrove della cucina perché merita.
Nella patria della carne cruda e del buon vino, chiunque abbia a cuore le gioie del palato è disposto a chiudere gli occhi a lasciarsi andare al piacere. Tuttavia, sarà la crisi che volete che vi dica, non sono riuscito a chiudere del tutto le palpebre.
Benvenuti
All’ingresso stiamo dieci minuti in attesa che qualcuno ci accolga. Di fronte e noi due signori che se la raccontano allegramente. Staranno prendendo l’aperitivo, mi dico. Finito il racconto delle vacanze uno dei due ci si rivolge: volete mangiare? Fai te.
Prima regola dell’accoglienza: non far sentire l’avventore un intruso nel tuo ristorante.
Menu
Ci si siede, si fan due chiacchiere stimolando ancora un po’ lo sbrano. Arriva l’oste, che snocciola una riga infinita di antipasti, primi e secondi. Il mio cervello va immediatamente in tilt. Cosa voglio mangiare? Qual era il secondo primo? Che ne dite se inizio dalla torta di nocciole? Non l’ombra di una carta né, siam pur sempre genovesi, di un prezzo. Per la cronaca, superato il trauma il pranzo si svolge con goduria.
Seconda regola dell’accoglienza: non costringere il cliente ad avere la prontezza di Bolt e la memoria di Kasparov per ordinare da mangiare.
Alla cassa
Ho un’idea di quanto si può spendere in questo ristorante, ho visto un paio di recensioni e ho chiamato un amico papillo prima. “Ragazzi sono 115 euro”. Siamo in 4. Tiro fuori la carta e vedo immediatamente il sorriso sornione del capo. Niente carta, solo contanti. Per fortuna c’è un bancomat a pochi metri.
Terza regola dell’accoglienza: non far sentire uno che tira fuori la carta di credito o il bancomat uno sfigato che non gira con le mazzette in tasca, come il tizio che hai appena salutato e che è andato via con il SUV. Per la cronaca, quando torno dal bancomat con i soldi, per ricompensarmi dello sforzo, il tizio fa la ricevuta. Papillo Ale dice che qui l’oste è un po’ giustificato perché il POS è un costo per l’esercente e non un obbligo di legge.
La carne cruda – come il resto – era veramente buonissima, e sicuramente non è da questi tre elementi che si vede il successo di un locale. Quelli positivi sono altrettanti, anzi di più.
Tuttavia, a meno che non vada da Gigi Il Puzzone o Pino Il Bastardo, mi aspetto che l’oste osservi le regole base dell’accoglienza. Esagero?
Mi trovi d'accordo, in particolare, sull'assoluta necessità del menù (e della carta dei vini) con indicazione dei prezzi: anche a me – che non sono genovese 😉 – la cosa infastidisce non poco.
Ciò mi rincuora Alessandro, che mi sembra sempre di essere il taccagno della situazione. 😉
Quella dell'attesa sulla soglia non cagati di pezza è una delle cose che mi fa innervosire di più. Solitamente mi do un limite di 5 minuti (giustificati solo da un grande ed ingovernabile caos) dopodichè l'istinto sarebbe quello di uscire. Poi come accade il più delle volte resto ed ho delle buone sorprese ma questo aspetto va curato. Mi ricordo un ristorante a Bonifacio, la Stella d'Oro noto anche come Chez Jules che secondo me tra tutti i ristorantini e bistrot della parte alta è quello che ha più storia e più merita la visita. Accoccolati sugli scalini dell'ingresso non passava minuto senza che qualcuno ti mettesse in mano un gradevole calice di Muscat. E son Corsi, mica romagnoli.
Fil.
Ciao Filippo. Lezioni di accoglienza dai corsi? Io quando ci sono andato nei locali non osavo alzare lo sguardo da terra per paura di incrociare quello dell'oste 😉
Mia regola è che se nn è scritto da nessuna parte quantocosta vuol dire che ti fregano!!!
più o meno il concetto è quello ila, o comunque non hai il controllo della situazione. io mi riprometto sempre di chiederlo se non me lo danno spontaneamente, ma a volte sono già in tilt per tenere a mente tutte le portate mentre le snocciola 😉
Io per esempio sono un grandissimo mena******i. Però c'è il fatto che se cominci una guerra a partire dal menù, ti rovini la serata. L'obbligo del contante è stato segnalato alla prenotazione ?
A dire la verità non ho prenotato, e non ho chiesto prima né il menu né la forma di pagamento. Prima di scrivere mi sono fatto anche un po' di esame di coscienza. Secondo il decalogo del buon cliente forse ci si dovrebbe premunire di fronte agli imprevisti, ed evitare di lamentarsi dopo. Ma il punto del 'mugugnetto' è proprio qui: io posso ammettere le mie lacune, tuttavia il buon ricordo di un posto sta anche nel non trovarsi queste piccole sorprese che, per quanto non gravissime, rendono l'idea di un posto accogliente o meno, professionale o meno, attento a – diciamolo – coccolare l'avventore o meno. Alcune cose, come il menù, sono nei regolamenti, altre sono segnale di cortesia e bon.
Anch'io non ci tengo a fare il tignoso dalla partenza, ma a volte penso che bisognerebbe. Anche perché, ripeto, in tavola è stata una goduria.
La cosa che odio di più è l'attesa quando si è prenotato con largo anticipo…
Per il menù declamato a voce c'è una soluzione: chiedere il menù scritto 😉 Oppure, ove non esistesse, chiedere i prezzi con una buona dose di facciculaggine.
Vangelo! 🙂 . E non siamo in Liguria:)