Le regole dell’accoglienza

da | Ott 24, 2011

Andare in un posto, mangiare molto bene, spendere tutto sommato il giusto, e rimanere con un senso di fastidio che già scatta l’anatema del lunedì anche se è appena domenica a pranzo.

Mi è capito di recente, in un ristorante dell’astigiano, di cui parlerò altrove della cucina perché merita.

Nella patria della carne cruda e del buon vino, chiunque abbia a cuore le gioie del palato è disposto a chiudere gli occhi a lasciarsi andare al piacere. Tuttavia, sarà la crisi che volete che vi dica, non sono riuscito a chiudere del tutto le palpebre.

Benvenuti
All’ingresso stiamo dieci minuti in attesa che qualcuno ci accolga. Di fronte e noi due signori che se la raccontano allegramente. Staranno prendendo l’aperitivo, mi dico. Finito il racconto delle vacanze uno dei due ci si rivolge: volete mangiare? Fai te.

Prima regola dell’accoglienza: non far sentire l’avventore un intruso nel tuo ristorante.

Menu
Ci si siede, si fan due chiacchiere stimolando ancora un po’ lo sbrano. Arriva l’oste, che snocciola una riga infinita di antipasti, primi e secondi. Il mio cervello va immediatamente in tilt. Cosa voglio mangiare? Qual era il secondo primo? Che ne dite se inizio dalla torta di nocciole? Non l’ombra di una carta né, siam pur sempre genovesi, di un prezzo. Per la cronaca, superato il trauma il pranzo si svolge con goduria.

Seconda regola dell’accoglienza: non costringere il cliente ad avere la prontezza di Bolt e la memoria di Kasparov per ordinare da mangiare.

Alla cassa
Ho un’idea di quanto si può spendere in questo ristorante, ho visto un paio di recensioni e ho chiamato un amico papillo prima. “Ragazzi sono 115 euro”. Siamo in 4. Tiro fuori la carta e vedo immediatamente il sorriso sornione del capo. Niente carta, solo contanti. Per fortuna c’è un bancomat a pochi metri.

Terza regola dell’accoglienza: non far sentire uno che tira fuori la carta di credito o il bancomat uno sfigato che non gira con le mazzette in tasca, come il tizio che hai appena salutato e che è andato via con il SUV. Per la cronaca, quando torno dal bancomat con i soldi, per ricompensarmi dello sforzo, il tizio fa la ricevuta. Papillo Ale dice che qui l’oste è un po’ giustificato perché il POS è un costo per l’esercente e non un obbligo di legge.

La carne cruda – come il resto – era veramente buonissima, e sicuramente non è da questi tre elementi che si vede il successo di un locale. Quelli positivi sono altrettanti, anzi di più.

Tuttavia, a meno che non vada da Gigi Il Puzzone o Pino Il Bastardo, mi aspetto che l’oste osservi le regole base dell’accoglienza. Esagero?

Autore

Daniele Miggino

Lavora sul web sotto diverse spoglie da svariati anni. Mezzo piemontese e mezzo lucano, è nato a Genova. Nella sua stirpe si trovano contadini e zii d’America, osti e viaggiatori. Sarà per questo che è uscito fuori così.

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