[canzone in abbinamento per questo post: Fat Old Sun, 41 anni oggi dalla sua pubblicazione]

No, non scrivo questo post solo perché ieri mia sorella mi ha cazziato con un: “Hai messo su una bella panzetta, eh?”.
La notizia ha qualche giorno: dal 1° ottobre in Danimarca è entrata in vigore la prima “fat tax” sugli alimenti. Come funziona? I prodotti che contengono una percentuale superiore al 2,3% di grassi saturi subiranno un’imposta pari a 16 corone danesi (2,15 euro) al chilogrammo di nutriente. I rincari non sono proprio leggeri: il burro è aumentato del 30%, un sacchetto di patatine dell’8%, l’olio d’oliva del 7,1% (dati tratti da un articolo del grande Elmar Burchia pubblicato sul Corriere.it).

Dunque? Dunque un paese che non è ai primi posti per casi di obesità (il 10% dell’intera popolazione, molto sotto la media europea, per non parlare degli Usa) mette in vigore una norma salutistica che porterà alle casse del paese non meno di 200 milioni di euro l’anno.
Giusto, non giusto? Essere (troppo) grassi non è bello. Fottersene allegramente delle conseguenze sulla propria salute (e pure sulla collettività, in termini di costi) neppure. E’ da capire però se una tassa del genere possa davvero funzionare da deterrente o sia solo un espediente per battere cassa.
A me, sinceramente, pare più un autovelox dei grassi saturi… che ci sia del marcio in Danimarca?

P.S: E se fosse applicata in Italia? Premesso che, anche a mie spese, preferirei questa tassa all’obbrobrio del condono tombale, dubito che mai arriverà. Lo avete ammirato il girovita dei Scilipoti e Friends? Ah già, lorsignori con qualche norma ad castam ne sarebbero dispensati… meglio fare scorta di panetti di burro, allora…