Domenica 12 e lunedì 13 giugno si vota per i referendum. Andiamo a votare, andiamo a votare presto e votiamo sì. Quattro volte sì. Per l’acqua pubblica, contro il nucleare e per la giustizia. Altrimenti? Leggete questo racconto…
“L’aria è un bene di tutti, non appartiene a nessuno. Diciamo no alla sua privatizzazione!”
Il manifesto formato A4, lettere rosse su fondo giallo, appeso al portone di casa mi esorta a non permettere che l’aria possa diventare proprietà di qualcuno. Lo leggo distrattamente col pensiero sciolto dalla torrida giornata di giugno mentre frugo la tasca in cerca delle chiavi. Sono parole senza presa, scacciate via al quarto gradino da sensazioni più immanenti. Il brontolio della pancia, il calore attorno alle tempie, il desiderio acuto di una birra ghiacciata.
Due giri di chiave, un brivido di freddo lungo la schiena. Eccomi al Polo Nord. Merito del condizionatore a tutta forza. Beh, se esistono questi turbocondizionatori, non posso certo pensare di utilizzare impunemente, e a gratis, un bene prezioso come l’aria. Sorrido mentalmente. E poi, se la terra è privata e l’acqua in mano a due industriali che ne decidono prezzi e distribuzione, perché l’aria deve rimanere un bene inalienabile?
Il mio passaggio davanti alla televisione attiva il sensore, e lei si anima di vita propria. Il tg delle venti, le venti di un giorno qualunque del giugno 2021, è appena iniziato. Alzo il volume con un gesto delle dita e mi sposto in cucina, per mettere la pentola sul fuoco. Notizie sconfortanti volano per l’etere. I politici s’azzuffano, l’economia non decolla. Si parla del ponte sullo stretto. A dieci anni da Fukushima aumentano ancora i tumori in Giappone. Intanto le scorie nucleari corrono lungo i binari d’Europa in cerca di stoccaggio, puntando verso Est.
L’acqua comincia a sobbollire lentamente. Pasta lunga o pasta corta? Il tg degrada verso l’intrattenimento. Scoperta la cura per le calvizie. Avvistato il mostro di Lochness. Butto gli spaghetti e mi siedo sul divano. Il tg è finito, è l’ora dei pacchi. Spengo la tv.
Osservo il cielo oltre la finestra, improvvisamente scurito e gonfio di pioggia. Un tuono non troppo lontano segnala che là fuori, in un punto imprecisato, ha iniziato a piovere.
Nove minuti, gli spaghetti sono pronti. Mi alzo, ma non vado verso la cucina. Mi avvicino alla finestra. Le prime gocce di pioggia ticchettano sul vetro. Poi un lampo, seguito dal tuono. Resto impietrito nei 22 gradi e 50% d’umidità regalati dal condizionatore. Unica avvertenza: non aprire MAI le finestre. D’altronde, la chiusura è garantita da un codice di sicurezza. Per aprirle, serve il pin. L’ultima volta che ho aperto una finestra, quando è stato? Non ricordo, mi sforzo. Non ricordo nemmeno il pin. Sul fuoco, gli spaghetti si torcono in due dita d’acqua, come lunghi girini in una pozza al margine di una strada di campagna. Cerco il pin, deve essere sul desktop, nel word promemoria di tutti i codici della mia vita. Strano, è la mia data di nascita. Perché non me ne ricordavo? Strano come questo desiderio di aprire la finestra al nubifragio. La pioggia picchia forte, ma già il cielo si squarcia d’azzurro, ai margini della tela. E’ solo un temporale estivo, penso, mentre digito il pin. Click. Il sistema centralizzato delle finestre è allentato. Click. Ruoto la maniglia. Il suono della pioggia ora è fragore, ma quasi non lo sento, attratto da un senso più allertato, dall’odore di asfalto caldo e bagnato, che sempre mi è piaciuto, ma che da tanto non percepivo. Gli spaghetti sono colla sul fondo della pentola. La pioggia scroscia, sipario trasparente che scende giù da un cielo grigio e azzurro, arancione e rosa. E inconsapevole mi domando: Tutta questa pioggia… come abbiamo potuto privatizzare tutta questa pioggia?
Link correlati
www.referendum-2011.info
www.fermiamoilnucleare.it
www.acquabenecomune.org
www.referendumacqua.it
P.S: Ringrazio per il finale Fabio Trevisan.