Dove sono le mucche della Valtellina?

da | Apr 5, 2011

La Valtellina si è affacciata al tavolo dell’Unesco per dire che c’è anche lei a pretendere un posto tra i paesaggi patrimonio dell’umanità. E lo merita se si pensa ai vigneti che si arroccano sulle pendici delle Alpi, rubando spazio alla roccia con straordinari nebbioli del nord. La Valtellina però va oltre il vino, almeno per tre prodotti: le mele, i formaggi vaccini e, naturalmente, la bresaola.
Sono reduce da un weekend lungo in queste zone e per la prima categoria, quella delle mele appunto, il mio suggerimento è di affidarsi a Frutticoltura Alpina di Luca Barbolini, con il suo succo naturalmente dolce dal cuore della mela a cui affianca un ancor più straordinario estratto dai mirtilli, che cambia da una spremitura all’altra e che per me, profano, è sempre e comunque eccezionale. Un suggerimento: se passate dal suo negozio di Berbenno (via Medera, 153 • tel. 0342492410), acquistate il tre litri tre di mela a un prezzo quanto mai concorrenziale.
Poi c’è l’altro versante, quello bovino.  Anzitutto per i prodotti lattiero caseari e qui  le chicche sono due: il burro della latteria sociale di Berbenno e i formaggi di un’azienda appena nata, Urbanidea, nel parco nazionale dello Stelvio.

Poi c’è l’altro simbolo della Valtellina, la bresaola e qui iniziano i problemi. Perché la bresaola è un prodotto contestato, difficile da conciliare con l’aspirazione moderna al chilometro zero. Forse un tempo bastavano le poche bestie scarne, appena scese dal pascolo, a colmare le esigenze dei macellai della valle. Oggi però non è più così e in Valtellina approdano carni italiane e non solo: Piemontese, Limousine francese e belga o carne sudamericana. Carni che per le loro caratteristiche dovranno colmare il fabbisogno di un’industria crescente che raccoglie tagli già confezionati e inviati sottovuoto per essere lavorati. Già, perché a far la differenza è la lenta lavorazione, con salagione, asciugatura e stagionatura all’aria pura di queste valli, incanalata da moderni sistemi di areazione. Un processo simile per molte aziende, su una scala che va dall’impresa artigianale alla piccola industria. Nel primo caso rientra Alico (via Nazionale, 32 • tel. 0342 635209) di Cosio Valtellino (So) di  di cui vale la pena assaggiare la saporita slinzega (nella foto), esempio probabilmente dell’archetipo di bresaola, che non disdegna una maggiore speziatura e  la sottile patina di muffa che le dona un aroma impareggiabile, capace di restare a lungo nel retrogusto. Nel secondo ambito c’è invece Mottolini (via Lozzoni, 5 • tel. 0342 564070) di Poggiridenti (So), che produce bresaole da carne sudamericana, Limousine e dalla pregiata Piemontese ma è sicuramente con la seconda, acquistata in Francia dopo un paziente lavoro di selezione, che si ottengono i risultati migliori.
A far la differenza, del resto, è il lungo e paziente lavoro di affinamento di queste carni, un procedimento che seppur modernizzatosi, deve ancora molto alla perizia degli artigiani valtellinesi. Ed è così che la Valtellina si riappacifica con il peccato originale della rinuncia al chilometro zero.

Autore

Fabio Molinari

L’unica persona sera in questa gabbia di matti. È un po’ che non scrive su Papille, ma ci ha lasciato bellissimi pezzi su vini, posti in giro per l’Italia e cazzabubole

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