Tonno: il maiale dei mari

da | Set 25, 2014

Premessa: in questo post non vedrete neanche un tonno. Il protagonista del racconto non c’è più, è un fantasma che aleggia nei ricordi del passato e in un museo, quello della Tonnara di  Favignana, che ho visitato di recente. E io, beh sì, di tonno ne ho mangiato un bel po’ in quei giorni, ma è un’altra storia.
Prima di quell’ultimo quadrato senza uscita, la camera della morte della tonnara, potrebbe salvarsi. Fino a lì, infatti, le reti di questa trappola non hanno fondo, sono solo ai lati. Ma chi li conosce lo sa, “il tonno non è l’animale più furbo del pianeta”. Facile a dirsi, quando si guarda da fuori.

Se ne sta per gran parte dell’anno nel Nord dell’Atlantico, poi verso la primavera, quando sente il richiamo della specie, scende verso lo stretto di Gibilterra ed entra nel tiepido Mediterraneo per deporre le uova. Nella costa occidentale della Sicilia si trova una delle destinazioni più famose del suo viaggio. Non a caso di fronte a Trapani esistono due tipi di tonnara, una di andata e di una ritorno, proprio perché intercettano la carovana subito prima della deposizione e subito dopo, quando i tonni tornano verso il mare aperto. Quella di Favignana è tra le tonnare più grandi e famose di questa zona del Mediterraneo.

 

Dal 1841 è stata la sede del grande stabilimento dei Florio, famiglia notissima nella zona che ha legato le sue fortune, ma anche il suo destino, a Favignana e al trapanese. Negli anni d’oro si è arrivati a pescare anche 14.000 tonni in una stagione, che solitamente dura due mesi, tra aprile e giugno. Tutto sull’isola ruotava attorno all’attività dei Florio, rilevata dai genovesi Parodi e ai Parodi stessi rivenduta molti anni dopo, quando finirono in cattive acque.

Il tonno sott’olio è nato qui, per caso e per necessità, come tante altre cose. Circa duecento anni fa, infatti, si diffuse la credenza che il tonno conservato sotto sale fosse la causa dello scorbuto. Così, per ovviare al problema, i Florio decisero di inscatolarlo immerso nell’olio, allestendo nella tonnara una parte dello stabilimento per questa lavorazione. Un’invenzione non da poco se, come si vede nella foto, fu presentata all’Esposizione Universale di Londra del 1888 e ricevette diversi premi.
Insomma, si curava tutta la filiera produttiva: dalle reti alle latte.

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Oggi questo tipo di pesca non rende più. Per poche centinaia di pesci non vale la pena di impegnare sessanta persone. Così dal 2007 la tonnara è chiusa. Oggi i tonni cadono nelle reti dei pescherecci oceanici, prima di arrivare nelle acque calde di Favignana. Come tanti altri nella nostra epoca, si è spezzato un ecosistema millenario, che permetteva all’uomo di vivere e al tonno di riprodursi. Per ora noi mangiamo e il tonno stenta a far figli, ma quanto durerà?

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“Del tonno non si butta via nulla, è il maiale dei mari” dicono. Oltre a ventresca, filetti, uova, si usano anche testa, cuore, stomaco. Se ne facevano, oltre all’uso alimentare, oli e creme, per esempio. Il tonno era persino un pagherò per gli abitanti di Favignana: spesso pagavano ai negozi dell’isola la spesa di un anno intero (frutta, verdura, carne, etc) solo dopo la mattanza. Una storia dal fascino antico, che ha il sapore del rito, e che oggi lascia il posto ad altri metodi, ad altri pescatori, ad altri mari.

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Nel frattempo quello che una volta era il cuore pulsante dell’isola, è diventato un museo in cui viene spiegato l’intero processo di pesca, lavorazione, vendita di questo pesce fantastico, che dava vita alla tonnara e all’isola. Restaurato da pochi anni, ospita le grandi caldaie dove si bolliva il tonno, prima di inscatolarlo, le barche usate per la mattanza, i locali dell’inscatolamento, i tralicci per la colatura del tonno appena pescato, ma soprattutto l’imponente struttura affacciata sul porto.

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Gli ultimi raìs – i capi della tonnara – sono ancora vivi. Figure mitiche che sembrano uscite dalla penna di Omero. Nelle loro voci – come in quella di Gioacchino Cataldo – è chiara la nostalgia per il passato, di un mondo che va scomparendo.

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La nostalgia è la cifra anche di questo orologio, che segnava il tempo di cottura del tonno, rimasto emblematicamente senza lancette. Un’immagine che la dice lunga.

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Visitare Favignana senza fare un salto in questa tonnara è un delitto. Costa poco (4 euro con visita guidata). E se ti prende la nostalgia (come potrebbe essere altrimenti?), a pochi passi c’è la piazza centrale del paese, dove si trovano busiate e tonno alla favignanese. Nel piatto ci sono ancora, eccome.

Orari
Aperto dalle 10.00 alle 13.30 e dalle 17.00 alle 23.30.
Visite guidate (Agosto): 10.30 – 11.15 – 12.00 – 17.30 – 18.00 – 19.00 – 20.00 – 21.00 – 22.00

Info e prenotazioni
(+39) 324 5631991 (attivo solo durante orari di apertura)
Ufficio Turistico Comune di Favignana: +39 0923.925443

La biglietteria chiude 30 minuti prima dell’orario di chiusura del museo.

Prezzo
Intero 4 euro
Gratuito fino a 18 anni
Ridotto 2 euro studenti universitari dai 18 ai 25
Esenzioni di legge
Ogni prima domenica del mese ingresso gratuito

Per informazioni
Tonnara di Favignana

Autore

Daniele Miggino

Lavora sul web sotto diverse spoglie da svariati anni. Mezzo piemontese e mezzo lucano, è nato a Genova. Nella sua stirpe si trovano contadini e zii d’America, osti e viaggiatori. Sarà per questo che è uscito fuori così.

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