Anche oggi è ricapitato. “Caffè?” chiede la ragazza. Che poi me lo sentivo dentro, stai a vedere che dopo questo buon bollito mi portano un caffè dimmerda, mi dicevo; poi mi sono fatto forza, mannò dai, sconfiggiamo il lunedì, magari è buono. La ragazza è carina, mi suggerisce il cervello – evidentemente ancora stordito dalla salsa verde – come se un bel visino debba necessariamente produrre buon caffè. “Sì, uno, normale grazie”.
E invece, appunto, è ricapitato. Il caffè era cattivo.
Ora, però basta. Qualcuno per favore mi spieghi perché – perché! – nella quasi totalità dei ristoranti in cui mangi anche bene il caffè è penoso (parlo dei ristoranti normali, quelli che ci si va a cena sotto casa, con gli amici).
Che poi è anche peggio di mangiare male. Arrivi lì, a fine pasto, soddisfatto e sazio, che vuoi soltanto trangugiare due sorsate calde e aromatiche – la classica ciliegina sulla torta – e invece la brodaglia nera ti precipita nello sconforto assoluto.
Una volta qualcuno mi spiegò che le macchine da espresso, se non usate massicciamente, si rovinano. Mi sembra strano, ma crediamoci. Però non te lo ordina mica il dottore di fare l’espresso. Ricordo che qui nei dintorni c’è una trattoria di quelle buone dove ti avvertono pacificamente che come caffè fanno la moka, almeno sai dove finisci e ha una sua dignità.
Oppure è solo una questione che bere un buon caffè non importa in fondo a molti, che lo standard qualitativo nazionale è quello dell’Autogrill.
Se è così ditemelo, che chiedo direttamente il conto.