L’anatema del lunedì – L’elogio del pane

da | Set 19, 2011

Per il pane si fa la guerra e si muore. Ce lo ricordano i libri di storia, la ribellione di Milano in un bel giorno di primavera del 1898, la ferocia delle truppe guidate da  Bava Beccaris, il sangue che impregnò la polvere di Piazza Duomo. Più recentemente, per un suo aumento di prezzo uomini del popolo sono morti in Algeria (ad inizio gennaio), in uno dei primi episodi della lunga primavera araba che ha caratterizzato questo 2011. E non serve la storia, passata e recente, per comprendere che il pane è più che un alimento. E’ il miglior antidoto alla fame. Ed è un simbolo, identitario, di ogni regione d’Italia e del mondo. Ogni paese ha la sua forma, la sua preparazione, le sue ricette.

Nei forni di Genova, purtroppo, questo valore sembra essere perduto. Trovare del pane preparato come si deve è impossibile. Non conosco un forno che cuocia il pane a legna (e cosa c’è di meglio della crosta croccante di un pane cotto a legna?), e quasi mai il pane trapassa il giorno di vita senza diventare una pietra o un corpo inerme di sfrontata secchezza. E dire che, di forni, nel mio quartiere (Sestri Ponente) e in città, ne ho girati!

Discorso diverso al ristorante. Se nelle osterie-trattorie il pane è quello che si trova nei panifici (quindi, tendenzialmente scarso), nei locali che si danno un bel tono è praticamente impossibile trovare altro pane che non panini – ini – ini, in formato mignon di varie fogge e gusti. Mediamente discreti, per carità, ma incapaci di svolgere la primaria funzione assegnata al pane in un’epoca dove non manca (o mancava, la crisi impone una revisione di concetti dati per certi) il companatico: fare scarpetta.
Più che pane, sono amuse bouche, rigorosamente dichiarati “praparati in casa”, anche se un famoso cuoco lombardo, poco tempo fa, mi ha confessato (ma non so quanto ci si possa fidare di un cuoco che si fa immortalare con alle spalle una foto dell’ex ministro Sandro Bondi a mo’ di ritratto presidenziale) che la maggior parte del pane dell’alta ristorazione è commercializzato da una bravissima e fornita azienda tedesca di surgelati.

E allora mi sento di urlare: “meno panini, più pane!”, prima che qualcuno zittisca questo post con una frase adatta alla nostra città (e a questi tempi): se non hanno pane, che mangino focaccia!

Autore

Alessandro Ricci

Sotto i 40 (anni), sopra i 90 (kg), 3 figlie da scarrozzare. Si occupa di enogastronomia su carta e web. Genoano all’anagrafe, nel sangue scorrono 7/10 di Liguria, 2/10 di Piemonte e 1/10 di Toscana. Ha nella barbera il suo vino prediletto e come ultima bevuta della vita un Hemingway da Bolla.

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