Con pane toscano, in tutto il territorio nazionale, si identifica una precisa tipologia di lievitato, ovvero il pane senza sale.
“Tu proverai sì come sa di sale / lo pane altrui”. Siamo all’inizio del XIV secolo (e nel XVII canto del Paradiso dantesco) e il ghibellin fuggiasco già attesta la caratteristica fondamentale del pane toscano: il suo essere sciapo, appunto. Se questa tradizione è certamente antica, e documentata fin dal Medioevo, la motivazione non è altrettanto definita.
Molti fanno risalire questa usanza a una sorta di compensazione. Ossia, che la proverbiale sapidità del companatico toscano abbia indotto i fornai a preparare pane privo di sale. Se questo fatto ha certamente contribuito a prolungare nel tempo (fino ad oggi) la tradizione del pane sciapo, è pur vero che nel Medioevo formaggi e salumi non erano così frequenti nelle tavole quotidiane, tanto più nelle fasce sociali meno abbienti per le quali il pane costituiva elemento essenziale dell’alimentazione. Perché allora avrebbero dovuto rinunciare al pane salato se non avevano a disposizione il giusto companatico?
Emerge poi una causa storica, risalente al XII secolo, quando, durante le guerre tra Firenze e la repubblica marinara di Pisa, quest’ultima interruppe il commercio di sale con l’entroterra. Non essendoci più una grande e continua disponibilità, dunque, contadini e famiglie fiorentine furono costrette a produrre pane senza sale. Sergio Rossi, storico dell’alimentazione, sostiene che più che costrizione, fu una vera e propria scelta, ovvero quella di sottrarsi al pagamento delle tasse sul sale, riflesso del carattere testardo e libertario del popolo toscano.
C’è infine una terza ipotesi, legata comunque al costo elevato del sale, e determinata da una questione di priorità: si privilegiava l’utilizzo nei salumi e formaggi, piuttosto che nel pane, e tale usanza si è poi attestata nel tempo.
Insomma, il dubbio amletico (in parte) rimane. D’altronde Amleto era un tipo piuttosto travagliato.