Farina macinata a pietra, lievitazioni lunghissime, prodotti del territorio e ricette decisamente originali. Sarebbe una pizza, ma “questa non è una pizza”, come si diverte a provocare il payoff di Buratto, la nuova pizzeria al taglio che ha aperto da un paio di mesi in via di Porta Soprana a Genova. In effetti no, non assomiglia proprio alla classica pizzetta: né di aspetto, né – che è ciò che qui ci interessa – di gusto.
L’intrapresa è di Marino Poerio, una famiglia di ristoratori alle spalle (il rimpianto Bakari a Genova) e un passato prossimo da venditore di orologi di lusso: la storia di questa idea un po’ folle la racconta lui stesso nel suo blog.
Già il nome, Buratto, è una dichiarazione di intenti. “Buratto” è infatti il setaccio che i mulini usano per passare la farina dopo la molitura: individua anche una tipologia di farina semigrezza, simile a quella che qui usano per fare la pizza.
L’impasto di Buratto è infatti frutto di un’attenta ricerca: miscela di frumento di tipo 1 e integrale, farro setacciato e piccolo farro (dicocco). Tutte le farine vengono macinate a pietra e provengono dal Mulino Ronci.
La pizza che ne viene fuori è alta, con un’occhiellatura ampia risultato di una lievitazione paziente con pasta madre, croccante fuori e soffice dentro. E, non ultimo, più digeribile.
Le pizze, dicevamo. Iniziamo dalla Marghe (rita), giusto per non farci sopraffare dal condimento e goderci al massimo le gioie di un impasto scuro, fragrante, profumato di cereale. Poi però lasciamoci andare e spilluzzichiamo: la mezza porzione viene via a 2 €, e con sei euro (quindi tre porzioni con tre assaggi differenti) ci si sazia.
C’è la Mantua (crescenza, gorgonzola, zucca e mandorle tostate), la Pizzalandrea (cipolle, olive, capperi e acciughe), la Heidi (patate, fiordilatte, radicchio e taleggio) o la Crescinfiore (crescenza, zucchine in fiore, pesto e olive), ma se ne possono trovare anche con sopra le pere, il cavolo cappuccio o la testa in cassetta. Oltre alla stagionalità, ci sono le specialità del giorno: il mercoledì trippa (sì, pizza con la trippa) e venerdì magro e quindi baccalà (patate, baccalà, peperoni e olive). Eccellente anche la Baciata, una pizza-focaccia aperta e guarnita a seconda dell’estro del momento (imperdibile l’accoppiata San Sté e salame di Sant’Olcese).
Il locale è piccolo ma accogliente, c’è qualche scranno per mangiare sulla mensolina, altrimenti ci si fa incartare il trancio e via. Da bere una piccola selezione di ottime birre belghe, quasi tutte trappiste.
Facile previsione papilla: the next big thing in town.