A distanza di soli sedici anni, per la rinuncia della Colombia, i mondiali ritornano in Messico. E per un mese il calcio è, fondamentalmente, un solo uomo: Diego Armando Maradona. Il suo mondiale è   folgorante, un brivido che corre lungo la schiena. L’Argentina inizia con un 3-1 alla Corea del Sud, un 1-1 con l’Italia (prima rete di Di.Ar.Ma.) e un 2-0 alla Bulgaria. Negli ottavi supera 1-0 l’Uruguay. Di.Ar.Ma. ha 26 anni, si è preparato per questi mondiali con feroce determinazione, come mai fatto prima (e dopo). Il 22 giugno l’Argentina incontra l’Inghilterra. È più di una partita: ci sono tensioni ancora non sopite per la guerra della Falkland. E si confrontano due modi opposti di intendere il calcio, il futbol bailado sudamericano contro il pragmatismo fisico degli inglesi. Al 51′ Di.Ar.Ma. allaccia un personale dialogo con l’aldilà e beffa Shilton con un colpo di mano. I giocatori inglesi sono furibondi. Di.Ar.Ma. intuisce che è il caso di mostrare quanto sia infinitamente più bravo con i piedi, con il piede. Inutile descrivere il suo gol. È stato visto e rivisto, definito il più bello di sempre. Per me, è l’espressione lampante dell’esistenza del piede di Dio. Il 25 giugno, in semifinale, c’è il Belgio. Decide ancora una doppietta di Di.Ar.Ma.: prima con un delizioso tocco di esterno a scavalcare il portiere in uscita, poi con un’azione personale che poco ha da invidiare al gol messo a segno con gli inglesi. La finale è contro la Germania Ovest. Finisce 3-2 [23′ Brown (A), 55′ Valdano (A), 74′ Rummenigge (G), 80′ Völler (G), 83′ Burruchaga (A)]. Maradona non segna, ma all’83’ s’inventa una palla filtrante per Burruchaga che è un invito al gol. E noi vi invitiamo a celebrare il genio di Lanus con l’unica immagine di questa lunga galleria mondiale non dedicata al cibo.