Come ormai saprete noi papilli ci emozioniamo in egual misura per raffinati calici di vino e per micidiali contropiedi calcistici al novantaseiesimo. E dunque la notizia che Sir Alex Ferguson, un mito fatto a forma di panchina, molli il calcio per darsi al vino non poteva che mandarci in sollucchero.
L’arzillo arcigno coach scozzese – l’uomo dai 38 trofei e 900 vittorie col Manchester United, 26 anni sulla panchina che fu di Matt Busby – è infatti in trattativa per comprare un vigneto “nel sud della Francia”, probabilmente nel bordolese, una cosina da due milioni di euro (più o meno tre mesi di stipendio, per lui).
Laburista, figlio di operai, e operaio lui stesso quando iniziò a tirar calci al pallone, Sir Alex è un noto appassionato di vino: uno dei pochi che si può permettere di paragonare Cristiano Ronaldo a uno Château Pétrus del ’61, avendo avuto la possibilità di testarli entrambi.
Gli aneddoti sulla sua passione si sprecano. Marcello Lippi gli mandava bottiglie italiane, Ferguson rispondeva con whisky scozzesi. Si ricordano ancora le sette casse di Chianti spedite da un anonimo gruppo di tifosi laziali, una per ogni gol rifilato all’Old Trafford alla Roma, nei quarti di Champions 2007: Sir Alex inviò un perfido fax, “sono contento che vi sia piaciuta la partita”.
Seguendo la consolidata tradizione britannica dello scambio di doni fra allenatori, Carlo Ancelotti gli offrì una bottiglia di Brunello dopo aver battuto proprio il Manchester negli ottavi di Champions 2005. Ferguson la mise da parte, annunciando che l’avrebbe stappata quando il Milan avrebbe battuto in finale il Liverpool dell’odiato Benitez. Sappiamo tutti come andò a finire (non è dato sapere se quella bottiglia giace ancora in cantina. D’altronde il Brunello invecchia bene).
E quando l’anno scorso gli venne chiesto come avrebbe fronteggiato la perdita dello scudetto negli ultimi secondi dell’ultima giornata ad opera dei rivalissimi del City, rispose testualmente “red wine helps”.